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lunedì 15 febbraio 2016

Sanità, i medici non credono al miliardo e mezzo di Lorenzin e tirano dritto verso lo sciopero. Il giallo della convocazione

Sanità, i medici non credono al miliardo e mezzo di Lorenzin e tirano dritto verso lo sciopero. Il giallo della convocazione
Non si ferma il percorso di lotta dei medici ospedalieri e del Servizio Sanitario nazionale. Il miliardo e mezzo fatto balenare dalla ministra Lorenzin non li convince. 
“Credo che siamo ancora alle mezze verità e alla ricerca dello scoop - dice il segretario dell'Anaao-Assomed, Costantino Troise ai microfoni di Radio Rete Edicole in una intervista -. Potrà essere vero, ma non bisogna dimenticare che l’anno prossimo è previsto a carico delle regioni un taglio di quattro miliardi”. “E comunque la spesa sanitaria in rapporto al Pil – ha aggiunto Troise - è in decrescita. Il rapporto spesa sanitaria/pil ci colloca tra le ultime posizioni in Europa”.
Troise, che ha riconfermato lo sciopero del 17 e 18 marzo indetto con altre 17 sigle sindacali del settore, ha messo in dubbio che questo eventuale surplus contabile, legato essenzialmente alle previsioni di aumento del Pil, possa stare effettivamente nelle disponibilità del ministero della Sanità, lasciando intendere che in realtà il rubinetto è in mano al ministro dell’Economia.
Troise ha poi messo in evidenza che la convocazione della ministra Lorenzin non è arrivata ai sindacati ma all’Ordine dei medici, con una dicitura in aggiunta che consente la partecipazione solo ad un numero limitato di sindacalisti.
“Irrituale e singolare che per invitarci al confronto – ha detto Troise – si chiami l’ente di previdenza dei medici. Si parla a nuora perché suocera intenda? Siamo nella piena confusione e nel nervosismo. Anche nel mondo politico si accorgono di aver provocato un pasticcio per risparmiare cento milioni che poi nemmeno verranno risparmiati".

sabato 13 febbraio 2016

da Logo ControLaCrisi.org

Sanità, crescono a cifre esponenziali in Veneto i cittadini che non riescono a pagare i farmaci e fanno fatica a curarsi
Sono piu' di 45.000 e sono in crescita del 22%, in Veneto, i cittadini indigenti che fanno fatica a curarsi e a pagarsi i farmaci. Sono gli stessi che nel 2015 si sono rivolti ai 142 enti caritativi del territorio e convenzionati con la Fondazione banco farmaceutico, ottenendo 74.000 confezioni di medicine, con una crescita del 15%, rispetto al 2014. Questi alcuni dei dati forniti dal Banco, a Palazzo Balbi, in occasione della conferenza stampa di presentazione della XVI Giornata di raccolta del farmaco, che si terra' in Veneto, come in tutta Italia, domani.
Dai numeri forniti oggi nella sede della Giunta regionale, risulta che la zona piu' bisognosa e' l'area metropolitana di Venezia, dove si e' passati dai quasi 1.550 ai 4.300 richiedenti di medicine del 2015. Fra le persone assistite dagli enti convenzionati dal Banco nel 2015, il 39,7% sono donne, il 56,5%sono stranieri, il 18,7% sono minorenni e il 22% sono anziani. Per continuare ad aiutare, domani, in tutte le province del Veneto saranno 383 le farmacie che hanno aderito alla Giornata e dove sara' possibile acquistare farmaci da automedicazione, che saranno donati alle persone prive di risorse e in stato di poverta'. "Non posso che esprimere il mio plauso a questa lodevole iniziativa che vede la farmacia vicina ai cittadini piu' bisognosi", ha sottolineato in conferenza stampa il presidente di Federfarma Veneto Alberto Fontanesi. Quanto "sia importante per i bisognosi questa iniziativa- ha sottolineato l'assessore alla Sanita', Luca Coletto- lo dicono i numeri che indicano chiaramente come la crisi non sia in realta' finita e come l'affiancamento del volontariato agli sforzi che sta compiendo la sanita' pubblica per garantire a tutti cure perlomeno dignitose in un momento di pesanti tagli ai fondi nazionali, sia insostituibile".

Atene, lacrimogeni contro manifestazione agricoltori. Scontri davanti al Ministero dell'Agricoltura (da askanews)

da 

Atene, lacrimogeni contro manifestazione agricoltori

Scontri davanti al Ministero dell'Agricoltura

Atene, lacrimogeni contro manifestazione agricoltoriAtene 12 feb. (askanews) - La polizia greca ha fatto ricorso ai gas lacrimogeni per disperdere un gruppo di agricoltori cretesi radunatosi ad Atene per partecipare ad una manifestazione di massa contro il governo del premier Alexis Tsipras.
Gli agricoltori, circa 2mila, si erano radunati di fronte al Ministero dell'agricoltura e hanno iniziato a lanciare oggetti contro l'edificio e gli agenti di guardia, dando fuoco ad alcuni cassonetti; la polizia ha reagito sparando i lacrimogeni ed effettuando quattro arresti.
La proteste sono dovute all'intenzione del governo si aumentare i contributi degli agricoltori - nel quadro della riforma del sistema pensionistico - raddoppiare l'aliquota impositiva della categoria a partire dal 2017 ed eliminare alcuni benefit come il prezzo speciale del combustibile.
(fonte Afp)

FINMECCANICA: una fusione senza strategia (Analisi finale dell’accordo Finmeccanica a cura di ADL Varese)

FINMECCANICA: una fusione senza strategia

Analisi finale dell’accordo Finmeccanica:

Entrando nel merito è necessario fare una premessa, ricordiamo che Le ultime modifiche dell’articolo 18 (in parte già modificato) prevedono la possibilità di licenziamento per giusta causa in caso di crisi o ristrutturazione aziendale e, in caso di ricorso, tocca al lavoratore licenziato dimostrare che non è vero o che c’è stata discriminazione o altro. Cosa significa? Significa che se Finmeccanica apre lo stato di crisi perché il gruppo è in perdita, potrebbe licenziare per giusta causa e anche se il lavoratore riuscisse a dimostrare che è stato ingiustamente licenziato, il giudice non lo fa reintegrare perché comunque la crisi è reale, al massimo, ma solo se vince la causa, il lavoratore ha diritto ad una indennità economica.  Ovviamente non accadrà mai perché ci penseranno i nostri supereroi ..….
Comunque, possiamo fare una sintesi dell’accordo:
Il “buco” di bilancio: da dove nasce il problema di Finmeccanica? da una decisione abbastanza discutibile di acquisire una azienda americana (DRS) di 30 mila dipendenti (grossa come l’intero nuovo gruppo Finmeccanica), con la motivazione di dover partecipare agli appalti americani avendo una azienda “appoggio”, indebitandosi per oltre 3 miliardi di euro che è il debito che ci trasciniamo tuttora e che ha spinto Moretti alla necessità di risanare l’intero gruppo. Per dirla in parole povere, farà pagare ai lavoratori una colpa che non hanno dato che il problema principale del “buco” di bilancio lo ha creato il consiglio di amministrazione Finmeccanica stesso.
Situazione Agusta: l’unica azienda che andava bene, anzi molto bene,  con un bilancio positivo da 15 anni e con un incremento di vendite costante da 10 anni, e una crescita in campo internazionale del 2-3% all’anno ma Agusta è l’unica azienda del gruppo che, secondo Moretti, avrebbe avuto un contraccolpo pesante con un calo di fatturato e di ordini del 7-8%. Ora Moretti è partito con la sua politica di tagli e risparmi, tagli delle spese, degli appalti, dei budget, manda via gli esterni, riduce i soldi destinati per le varie commesse, ecc… ; Alla situazione di calo degli ordini derivante dalla crisi internazionale, si è aggiunta la decisione di Moretti di tagliare ovunque in modo irrazionale senza fare una analisi realistica delle conseguenze; riuscirà Moretti a dimostrare che aveva ragione?
Art. 47 L. 428/90: Il rischio di esuberi e sempre più evidente, così come La mancata tutela di eventuali lavoratori eccedenti in previsione di accorpamenti di reparti, enti, uffici, la dichiarata armonizzazione dell’engineering con eventuali doppie figure e trasferimenti da un sito all’altro. Nessuna analisi da parte dell’azienda sulle conseguenze per i lavoratori derivante dalla fusione in Finmeccanica (come previsto dalla legge),  nessuna assunzione di responsabilità da parte aziendale e nessuna analisi successiva, motivo per cui abbiamo scioperato.
FGS (Finmeccanica Global Services): si sta portando a compimento il passaggio di tutti i servizi del Gruppo sotto il controllo diretto di FGS, sia per quanto riguarda i lavoratori sia le strutture. FGS controllerà tutte le gare di appalto e tutta la manutenzione dell’intera Finmeccanica. Anche gli immobili passeranno sotto la proprietà di FGS con la conseguenza che le varie aziende non saranno più proprietarie degli stabili: Se FGS dovesse finire nelle mani sbagliate, saremmo costretti a pagare l’affitto (milionario) per usare i nostri stabilimenti;
Appalti: Pur apprezzabile l’impegno (senza vincoli) di privilegiare l’occupazione in essere, invece la “promessa” di “rispetto delle normative” non serve a molto, ci pare siano tutti obbligati al rispetto della legge: secondo noi chi prende l’appalto (diretto, sub, o sub-sub appalto) deve (dovrebbe) dimostrare di essere un’azienda sana che non ha contenziosi in corso per motivi gravi, che paga i contributi e le tasse, che paga gli stipendi nei tempi giusti, va stabilito un minimo di valore dell’appalto che tenga conto di stipendi adeguati ecc…..
Fuori casa: sono ormai molti anni che si cedono all’esterno attività di logistica e servizi ma anche attività con un elevato contenuto tecnologico con lavorazioni anche complesse, oppure attività di engeering in ogni settore o di allestimento macchine in fase di pre-volo, perdendo, negli anni, fette di Know-how e capacita lavorative. Sarebbe stato quanto mai opportuno indicare delle regole proprio per mantenere all’interno del gruppo le competenze e l’esperienza dell’alta tecnologia che si acquisiscono in anni di attività.
Accordi precedenti: secondo quanto stabilito nell’accordo, sono decaduti tutti i precedenti accordi e il nuovo accordo sostituisce tutti i precedenti, così decadrebbero piccoli e meno piccoli rivendicazioni passate come ad esempio le festività cadenti di sabato e l’indennità aggiuntiva al sabato ecc..
PDR (Premio di Risultato): i dipendenti Agusta avranno un taglio di circa la metà del “vecchio” premio prevedendo un premio medio tra quelli in essere e la metà restante la avranno solo se si raggiungeranno tutti gli obbiettivi. Il primo livello da raggiungere è un parametro definito FOCF che comprende anche tutte le uscite decise dal consiglio di amministrazione come ad esempio i dividendi, questo parametro è anche peggio del già contestato ROS; La direzione aziendale pretende di legare il futuro PDR alle assenze dei lavoratori prevedendo un ulteriore “punizione” per chi ha già delle difficoltà personali o familiari; non è logico separare dalla trattativa la parte economica dalla parte normativa del premio, in questo modo la direzione di Finmeccanica potrà modificare a suo piacimento l’entità del premo a seconda che la parte delle regole siano più o meno vantaggiose.
Accordo di sito sull’orario: riteniamo un errore aver firmato un accordo sulla flessibilità interna di ogni sito, e sulle relative turnazioni, senza avere previsto, nello stesso accordo, anche i relativi riconoscimenti economici già concordati nei precedenti accordi aziendali, una cosa è legata all’altra: non si può chiedere un sacrificio ai lavoratori senza stabilire l’incremento retributivo. Era anche possibile, in questa fase, estendere la flessibilità in entrata anche agli operai, come d'altronde ha fatto Finmeccanica sulla compensazione oraria ma invece non s’è fatto.
Compensazione oraria: pur considerando il fatto che per alcune aziende è una possibilità in più di avere dei permessi per le assenze, riteniamo questo accordo economicamente vantaggioso per l’azienda che pretenderà il recupero nelle ore straordinarie pagandole come ordinarie: anche i 5 minuti dei turnisti vanno comunque recuperati con del lavoro straordinario pagato ordinario, mentre prima i ritardi entro i 2,59 minuti non erano considerati ritardi.
Premio OPERA: legato alla prestazione e previsto dall’accordo Agusta, che gli operai ricevono come UNA-TANTUM, verrà discusso insieme al premio di risultato di sito ma, dato che gli operai Agusta sono gli unici a percepirlo, si corre il rischio di non riuscire a mantenerlo.
Trasferte: la diaria aumenta ma il resto è un disastro, le ore di viaggio pagate all’85% anziché al 100%, il rimborso chilometrico che è meno della metà di quello previsto per legge,   sabati e domeniche pagate solo se si lavora, “forfait” inferiore a quello Agusta, rimborso dei pasti da “take-away” e in Agusta le condizioni erano comunque  migliori anche senza accordo sindacale.
Permessi retribuiti per visita medica (64 ore x anno): è vero, si allarga la possibilità di fruire dei permessi per accompagnare parenti, ma il loro N° si riduce drasticamente rispetto ad Agusta che consente 3 permessi al mese di 3 ore (oltre 100 ore all’anno);
Rapporti con aziende non italiane: tutte le aziende non italiane che fino a dicembre erano in Finmeccanica, ora sono in un limbo imprecisato, non sono parte della nuova azienda e nessuno sa dire che rapporti hanno mantenuto con Finmeccanica, per ora si limitano a rigettare le firme sui documenti.
Cedolino paga: vengono confermati i livelli retributivi di tutti i dipendenti in essere, ma ci sarà una perdita di salario per tutti i nuovi assunti tanto più alta quanto maggiore era il reddito dei lavoratori delle varie aziende, per Agusta, che ha gli stipendi medi più bassi di tutto il gruppo, i nuovi assunti perderanno oltre mille euro all’anno.
Nuovi assunti: potranno essere assunti con un contratto di apprendistato professionalizzante di 5 anni (anche per laureati) per poi essere confermati con il jobs-act per altri 3 anni e alla fine essere lasciati a casa (senza tutele art 18) e  comunque Finmeccanica ci guadagnerà per ogni nuovo assunto, 8 mila euro all’anno che si somma al risparmio “concordato” con il nuovo contratto.
RSU (Rappresentanza sindacale dei Lavoratori): si mette tutto nelle mani dei sindacati firmatari anziché delle RSU ed ogni O. S. ha partecipato alla trattativa in modo separato una dall’altra, facendo comunicati separati e senza nemmeno stabilire una linea comune da tenere negli incontri. Non si è chiesto nemmeno un mandato ai lavoratori o alle singole RSU aziendali, senza parlare di una piattaforma comune: Presentarsi in ordine sparso è un grave errore e ci rende deboli nella trattativa. 
RLS (Rappresentati Lavoratori per la Sicurezza): nessuno si è sentito in dovere di spendere due righe per aumentare le competenze o dare più agibilità o consentire agli RLS di verificare anche gli ambienti dove ci sono le ditte in appalto, o di poter verificare magari come vengono stabiliti i criteri per le gare di appalto e con quali vincoli per chi prende l’appalto, e nemmeno sulla possibilità di avere più ore a disposizione per svolgere l’attività da RLS : solo il documento di valutazione dei rischi ha centinaia di pagine che andrebbero verificate ambiente per ambiente …
Lavoratori disabili: una grossa azienda come Finmeccanica potrebbe anche farsi carico di un impegno preciso sull’occupazione di personale con disabilità varie, non solo per una questione Sociale, visto che comunque è una azienda parastatale, ma anche per il fatto che le attività svolte all’interno dell’intero gruppo spaziano in qualsiasi settore, dalla progettazione ai lavori manuali o di servizi, consentendo una incredibile disponibilità di occasioni lavorative per i disabili che, come dice la legge, devono essere impiegati nelle attività che sono loro consentite dalle capacità lavorative residue. Va comunque ricordato che molte aziende del gruppo hanno attraversato varie fasi di riorganizzazioni e ristrutturazioni che gli hanno permesso il mancato rispetto della legge per quanto riguarda le percentuali di occupati disabili rispetto alla forza lavoro complessiva, sarebbe stata una cosa buona e saggia tentare di avviare una verifica nell’intero gruppo e riallineare il tutto rispetto all’occupazione di chi ha problemi fisici senza parlare di aumentarne il numero ma almeno assumerne quanti ne prevede la legge.  
Occupazione femminile: le aziende meccaniche come Agusta hanno una prevalenza di occupazione maschile, ma le varie riorganizzazioni interne hanno fatto si che a pagarne le conseguenze siano state in prevalenza le donne. Ora c’è stato un minimo di aumento occupazionale femminile ma andrebbero previsti dei meccanismi di tutela aggiuntiva per evitare il ripetersi di situazioni discriminati, magari con delle maggiori tutele per la maternità o per assistenza ai figli o ai famigliari in genere ecc., situazioni che hanno sempre impedito alle donne le medesime opportunità di crescita professionale ed economica dei colleghi uomini.
Occupazione: è solo nel risparmio economico e nel guadagno che si deve orientare la politica gestionale? noi crediamo di no. Noi crediamo che la strategia corretta sia quella di avere come primo obbiettivo l’occupazione, quindi trovare i giusti meccanismi che consentano di creare lavoro retribuito, mentre, a nostro avviso, il piano industriale di Moretti, prevede una inevitabile riduzione del personale sia diretta che indiretta.
Un solo nome: ancora poco chiaro quale sarà il nome del nuovo gruppo industriale, doveva essere “ONE Company”, per poi divenire “Finmeccanica Division” ed ora sembra che cambi nuovamente nome, una cosa però è sicura e cioè che abbiamo perso un nome storico e conosciuto in tutto il mondo per qualità, efficienza e prestazioni, che è Agusta, ora si riparte da capo dovendo far capire ai potenziali clienti che siamo ancora gli stessi.
Codice Etico: vista la vicenda che ha coinvolto Agusta sulla commessa all’India, Finmeccanica ha pensato bene di emanare un nuovo “codice etico” e di fare della formazione proprio sull’etica e sulla morale, onde evitare futuri danni all’immagine, ma, da qualche giorno appaiono sui giornali diversi articoli che parlano di strani movimenti di soldi per la vendita di Ansaldo Breda / Ansaldo sts del gruppo Finmeccanica (nuova gestione) all’Hitachi, della serie: senti da che pulpito arriva la predica.
La strategia industriale: L'ipotesi d'accordo è meramente legata al contenimento dei costi, quindi dei salari, condizionando i lavoratori ad una maggiore flessibilità degli orari di lavoro.  Non esiste una minima  proposta di ricerca, progettazione e sviluppo per il futuro, senza una strategia, senza un chiaro piano di rilancio o di riorganizzazione dell’azienda, solo e soltanto per risparmiare. Ci si dovrebbe domandare quali sono le prospettive future delle aziende di Finmeccanica? Che fine faranno le nostre capacità di progettazione? Che cosa faranno gli ingegneri e i tecnici?  Quali sono le reali strategie di politica industriale? Domande che aspettano una risposta prima che Moretti cominci a “tagliare” il personale e a svendere parti di aziende,  pur di fare cassa. 
Diritto di sciopero: una volta approvato l’accordo non è più possibile scioperare per il contenuto dello stesso, questo è quanto prevede la nuova regolamentazione delle RSU, per questo motivo riteniamo sia stato un errore non tentare di ottenere di più prima dell’approvazione,  invece si è preferito chiudere in fretta seguendo le indicazioni che sono arrivate dalla direzione Finmeccanica. Per esperienza riteniamo che nessuno ti regala niente e senza rapporti di forza non si ottiene un gran che, il contenuto dell’accordo sottoscritto (e tutto quello che non è stato chiarito) ne sono la prova.
Di seguito gli argomenti rimandati: indennità speciali, trasferte estero, indennità sui turni, assist. sanitaria integrativa, asili nido, CRAL, trasporti e mobilità, premi di anzianità, premi di fine corso, definizione valore PDR, nuovo inquadramento. 
Senza dimenticare, comunque, che qualche testo contestato è stato ritirato come l’orario plurisettimanale, e qualche miglioramento c’è stato, come l’aumento della flessibilità in entrata sia per gli operai sia per gli impiegati; l’aggiunta di un giorno di permesso per lutto o malattia grave di un familiare; l’aumento del 20% di comporto per il mantenimento del posto di lavoro in caso di malattia grave, pagata al 100%; la possibilità di fare formazione anche fuori azienda ecc.. 
Ma crediamo che i pochi punti che migliorano le nostre condizioni di lavoro siano ampiamente enfatizzati da chi ha sottoscritto l’accordo, che tendono, sovente, a minimizzare (o dimenticarsi) del rovescio della medaglia mentre, secondo noi, i punti positivi vanno messi sulla bilancia e controbilanciati con i punti negativi dell’accordo (sopra sintetizzati), per poi decidere se è stato un accordo positivo o negativo,

noi non abbiamo dubbi ….. 

CONCLUSIONI:
Pur considerando positivo il tentativo di unirci in un'unica azienda parastatale, riteniamo questo un accordo incompleto che pone più domande che risposte, un accordo fatto per risparmiare, un accordo senza un apparente strategia dove il rischio esuberi sembra sempre più vicino, così come sembra sempre più vicino il punto di non ritorno, il punto oltre il quale non sarà più possibile separare una azienda dalle altre per farla camminare con le sue gambe. Un accordo che fa venire molti dubbi, dubbi sulla strategia di Moretti, dubbi sulle motivazioni della firma, dubbi sul futuro dell’intero gruppo e dei lavoratori. Prima di firmare questo accordo era necessario avere un quadro più chiaro sul disegno di Finmeccanica, la fretta è sempre una cattiva consigliera soprattutto quando c’è il sospetto che sia solo l’inizio…. l’inizio della fine..
Noi diciamo NO

ADL Varese  –  10 Febbraio 2016

martedì 9 febbraio 2016

si avvicina l'ASSEMBLEA NAZIONALE MACCHINISTI che si terrà a Firenze il 15 FEBBRAIO prossimo su iniziativa della Rivista "Ancora in Marcia!"

 

15 FEBBRAIO, Firenze 

ASSEMBLEA NAZIONALE MACCHINISTI

promossa dalla Rivista "Ancora in Marcia!"

su :
  • privatizzazione delle ferrovie
  • pensione a 67 anni
  • orario di lavoro insopportabile
  • mancanza di sicurezza
  • assenza di democrazia sui luoghi di lavoro

LOMBARDIA : RISULTATI ELEZIONI RSU e RLS TRENORD 2016


RLS risultati elettorali voti validi 2016 
TRENORD suddiviso per Settore e per Sindacato


RISULTATI LOMBARDIA ELEZIONI RSU e RLS GRUPPO FSI (Ferrovie dello Stato Italiane, nov 2015)

RSU risultati elettorali voti validi Lombardia 2016 
Gruppo FSI suddiviso per Collegio Elettorale e per Sindacato


RLS risultati elettorali voti Lombardia 2016 
Gruppo FSI suddiviso per Collegio Elettorale e per Sindacato

RISULTATI NAZIONALI ELEZIONI RSU e RLS GRUPPO FSI (Ferrovie dello Stato Italiane, nov 2015)

 risultati elettorali voti validi 2016 
suddiviso per società del Gruppo e per Sindacato

raffronto risultati elettorali voti validi tra elezioni 2004 e 2016 

suddiviso per Sindacato

sabato 6 febbraio 2016

Tripoli bel suol d'amore...1911-1934-2016 , da Giolitti a Renzi passando per Mussolini : nuove aspirazioni neo-coloniali dei governanti italiani ???

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Tornado e reparti speciali. 

Così l’Italia prepara l’intervento anti-Isis in Libia

Prende forma la coalizione internazionale. 
Ma prima serve un governo
La condizione per un intervento in Libia per contrastare l’Isis è la nascita di un nuovo governo di unità. Sarebbero poi i libici stessi che sul modello Iraq guiderebbero un sorta di alleanza internazionale composta anche da Paesi arabi

03/02/2016
ROMA
Il pressing degli americani su Roma dura da mesi, Matteo Renzi ha già fatto sapere alla Casa Bianca che l’Italia non ha alcuna intenzione di entrare in guerra in Libia, eppure nella trattativa in corso tra gli Usa e i Paesi alleati nella coalizione anti-Isis si sta facendo strada un nuovo punto di caduta, sul quale si sta trattando ancora, ma che rappresenterebbe una svolta di portata strategica: se e quando il nuovo governo libico sarà operativo, a quel punto partirebbero le procedure per un intervento anti-Isis ma guidato, secondo il modello Iraq, dagli stessi libici e al quale si aggregherebbero unità speciali internazionali, con la partecipazione di Stati Uniti, Italia, Gran Bretagna, Olanda, Francia e, possibilmente, anche di alcuni Paesi arabi. 
LE UNITÀ SPECIALI  
Ed esattamente dentro queste unità speciali- ecco il punto di svolta - troverebbero spazio le eccellenze militari italiane: Tornado e reparti speciali di piccole dimensioni ma di forte impatto operativo. Certo, sarebbe un impegno gravoso per l’Italia e in particolare per Matteo Renzi che, pur conoscendo i vincoli politici e militari con gli Stati Uniti, negli ultimi mesi ha tenuto il punto, in questo coerente con la linea non-interventista e fondamentalmente pacifista che ha connotato la politica estera italiana nel dopoguerra. Oltretutto l’accordo è più ampio e prevede interventi mirati di varia natura ed è esattamente a questo «pacchetto» che si riferiva alcuni giorni fa il «New York Times», quando raccontava sia pure in termini generali di «un nuovo fronte» in Libia, aperto dagli americani, affiancati da inglesi, francesi e italiani. 
LA COALIZIONE  
Certo, quando ci sono di mezzo le armi, quando ci sono soldati da mandare a combattere e quando ci sono catene di comando da affinare, le trattative si prolungano sino all’ultimo minuto utile. E infatti dura da mesi e - sinché un governo non si sarà insediato in Libia - durerà ancora il negoziato tra gli Stati Uniti e i suoi alleati nella coalizione anti-Isis per decidere cosa fare in quel Paese così insidiato, ma le prime, attendibili indiscrezioni sui compromessi già raggiunti sono trapelate da sherpa di varie nazionalità, ai margini della Conferenza organizzata alla Farnesina dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni.  
ISIS E AL QAEDA  
Sono due i punti di partenza della vicenda. Il primo risale ad alcuni mesi fa e riguarda la presenza sul territorio libico delle milizie dello Stato islamico, tra Sirte verso i terminal petroliferi di Sidra, verso Misurata e in Tripolitania e anche di nuclei qaedisti schierati in Cireanica occidentale ma in espansione. Da mesi gli americani premono su Roma per una presenza italiana di tipo militare.  
Renzi ha sempre risposto picche, anche a prescindere dall’impegno americano, che hanno sempre escluso un proprio impegno a terra. Ma nelle trattative all’interno della coalizione e anche per effetto di diversi incontri italo-libici, è maturata una prima intesa: gli italiani potrebbero fornire personale militare per l’addestramento della polizia e dell’esercito ma anche per la protezione di obiettivi sensibili (a cominciare dagli aeroporti).  
LONDRA E ROMA LEADER  
E soprattutto partecipare ad azioni di unità speciali, di terra e di aria, agli ordini di ufficiali libici. Una coalizione con due Paesi-leader, Italia e Gran Bretagna e dentro la quale i gli altri Paesi darebbero un apporto diverso: gli americani fornirebbero droni, aerei e intelligence; i tedeschi si sono ritagliati un ruolo nell’addestramento militare, in Tunisia. I francesi si concentrerebbero sul confine sud, quello che si affaccia sul Mali dove si concentano gli interessi di Parigi. 
MODELLO IRAQ  
Naturalmente le incognite sono ancora tante. Anzitutto lo strumento giuridico-diplomatico: si immagina anche in questo caso di seguire anche in questo caso il modello Iraq, che ha “chiamato” la coalizione, bollando l’Isis come «una organizzazione terroristica globale». E se il piano principale dovesse incontrare difficoltà insormontabili, scatterebbe il piano b: raid aerei sui quartier generali terroristi. 
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Il petrolio e la crisi prossima ventura, una interessante intervista al prof.Giuseppe Sacco,Ordinario di Relazioni e Sistemi economici Internazionali (da pennabiro,it)

da http://www.pennabiro.it/
Il petrolio e la crisi prossima ventura



Ci è pervenuta una interessante intervista al prof.Giuseppe Sacco*,Ordinario di Relazioni e Sistemi economici Internazionali,sul tema del petrolio,in particolare sui motivi che stanno alla base della fortissima discesa del costo del barile.L’intervista si trova sul sito “Critique of the new century”.


Giambattista Pepi intervista Giuseppe Sacco


 – Le quotazioni del petrolio sono in caduta libera. Per la prima volta dal 2004, ha rotto la soglia psicologica dei 30 dollari. Perché declina? 
Giuseppe Sacco – Il prezzo del petrolio scende per un forte calo della domanda, dovuto soprattutto al rallentamento dell’economia cinese.
Nel 2006-08, alla crisi della domanda Usa, che aveva creato milioni di disoccupati in Cina, Pechino aveva reagito, per creare occupazione, spostando il ruolo di motore dell’economia dal settore manifatturiero orientato alle esportazioni a quello dei lavori pubblici, grande divoratore di cemento e di acciaio, per cui si richiedono enormi quantità di energia. Anni di crescita che hanno sostenuto la domanda mondiale ed i prezzi di tutte le materie prime. Oggi, la fine di questa fase – dato che l’utilità di questi investimenti è andata via via decrescendo – le spinge invece al ribasso, in primis il petrolio. Anche perché l’Arabia Saudita e gli altri produttori non hanno in alcuna modo ridotto l’offerta.
Q – Secondo le banche d’affari Morgan Stanley, Goldman Sachs e Citigroup, i prezzi potrebbero andare a 20 dollari, anche a causa del dollaro più forte e dell’offerta di shale gas, shale oil e alle estrazioni da acque profonde.
Giuseppe Sacco – E’ possibile. Con le nuove fonti di idrocarburi, i soli USA hanno quasi all’improvviso aggiunto alla produzione l’equivalente di un milione di barili di petrolio al giorno, e sono diventati esportatori. Basta pensare che nei giorni scorsi, in Louisiana, è entrato in funzione un impianto che inizialmente era stato previsto per la ri-gassificazione di gas liquefatto importato. Solo che, a metà della costruzione, si è dovuta cambiarne la destinazione facendone un impianto di liquefazione per l’esportazione.
Naturalmente, basterebbe che i Sauditi riducessero la loro produzione da 10 a 8 milioni di barili al giorno per avere benefici effetti sulle quotazioni. Ma non lo fanno, perché vogliono colpire da un lato l’industria dell shale gas proprio nel momento più delicato del suo sviluppo, e dall’altro la Russia. Non solo perché schierata sul fronte opposto nella guerra mediorientale, ma anche per mere ragioni di concorrenza. La Russia è l’unico Paese che allo stato attuale può estrarre più del regno Saudita, ad un costo di produzione, però, molto più caro. A prezzi molto bassi, il danno è per Mosca molto, ma molto, più grave che non quello subìto da Riyadh.
E non è tutto. I prezzi bassi possono far subire al petrolio russo anche un danno a lungo termine, e in parte irreversibile. I pozzi della Russia sono quasi tutti zone dove il sottosuolo è gelato in permanenza. Il petrolio fluisce comunque, perché esce caldo dalle profondità. Ma se il flusso si interrompe, gli impianti possono venire danneggiati. Mosca perciò deve continuare ad estrarre anche a prezzi stracciati, e già in passato è stato costretta a creare in superficie delle vere proprie discariche di greggio.
Oltretutto, a rendere verosimile l’ipotesi che il prezzo possa ancora scendere, c’è il fatto che, con una produzione mondiale che supera i consumi di circa due milioni di barili il giorno, non si sa più dove stoccare il petrolio in eccesso. E molte petroliere – rimaste inutilizzate per il calo dei traffici e parcheggiate in luoghi come i fiordi della Norvegia – vengono usate come serbatoi galleggianti.
Q – Quali sono le conseguenze per l’economia mondiale dall’erosione dei prezzi del petrolio? Potrebbe essere il petrolio a fare da innesco ad una crisi economica internazionale?
Giuseppe Sacco – In teoria, la caduta del prezzo del petrolio dovrebbe essere un fattore di crescita delle economie avanzate industriali, se portasse a prezzi più bassi per benzina ed elettricità. In pratica, quota 30 dollari è il segno di una crisi che è già in atto, e simile a quella del 2008.
Allora la crisi nasceva dal trasferimento verso paesi a basso costo del lavoro di moltissime attività manifatturiere, i cui prodotti venivano ri-esportati verso quegli stessi paesi dove questo trasferimento aveva distrutto milioni di posti di lavoro ben pagati. E’ vero che i bassi salari dei “nuovi operai” hanno garantito molti anni di crescita senza inflazione, ma hanno anche creato uno squilibrio che col passare del tempo si è rivelato insostenibile. Come potevano le famiglie dei “vecchi operai”, di quegli stessi che avevano perso il lavoro continuare a comprare i prodotti cinesi? Lo hanno fatto indebitandosi fino al punto da non poter più onorare le loro carte di credito e i mutui delle loro case, tanto da gettare le banche in una crisi così grave da minacciare il sistema finanziario globale.
Oggi il problema si ripropone, solo che a minacciare l’equilibrio sono le banche che hanno finanziato investimenti le cui prospettive apparivano eccellenti quando il petrolio era sopra i cento dollari. E ad esse si uniscono le banche cinesi che hanno finanziato le colossali opere pubbliche decise da Pechino per evitare la disoccupazione di massa.
Q – Quindi, allo stato attuale dei prezzi del petrolio, ci sono squilibri economici nei paesi produttori e ciò può ripercuotersi sulla crescita mondiale?
Giuseppe Sacco – Indubbiamente! E ad essere messi in crisi non sono solo i paesi produttori ex- “emergenti”. Ciò che tira già le Borse è che, soprattutto in America, molte aziende che hanno investito nei nuovi settori energetici, come il fracking, stanno fallendo e fragilizzando le banche che le hanno finanziate.
Tutto ciò si aggiunge ai problemi delle banche cinesi. Per fronteggiare la crisi culminata nel 2008, il Governo di Pechino impose allora alle banche – di proprietà statale – di finanziare qualsiasi progetto edilizio o infrastrutturale. Ora, alcuni di questi progetti – come le metropolitane o certe
ferrovie ad alta velocità – sono utilissimi, e produrranno ricchezza per decenni. Ma altri – proposti
da imprenditori improvvisati per sfruttare questa ghiotta occasione – erano campati per aria, e fanno tramare le banche.
Non c’è solo l’esempio di Ordos, nella Mongolia cinese: una città veramente bella, costruita per un milione di abitanti, che è completamente vuota. Persino nel centro di Shanghai, su Nanjing Lu, qualche lussuosissimo centro commerciale è parzialmente abbandonato, e neanche la parte utilizzata sembra produrre alcun reddito. Ma tutta la Cina è piena di cattedrali nel deserto: enormi stadi in città in cui non esiste le squadra, oppure giganteschi cantieri senza operai, dove la ruggine sui ferri che sporgono dal cemento mostra che i lavori sono interrotti da lungo tempo.
Q – La prossima crisi potrebbe muovere dall’Oriente, dalla Cina?
Giuseppe Sacco – La Cina, anche se è un paese piuttosto ben governato, fa più paura per via delle sue dimensioni. Anche un piccolo errore può avere effetti giganteschi. Ma la minaccia viene da tutti i Paesi ex-emergenti, come il Brasile, verso cui le grandi banche internazionali hanno crediti molto pericolanti. Poi c’è il rischio Russia, nel cui export il petrolio ha una quota enorme, e che per questo motivo è già fallita in passato, quando il prezzo del greggio scese a 10 dollari.
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* il Prof. Giuseppe SACCO è stato tra gli importanti Relatori al Convegno sul tema "Un progetto per rispondere al declino industriale,alla crisi occupazionale,all'attacco al mondo 
del lavoro" che abbiamo organizzato come Coordinamento Milanese di Solidarietà "DALLA PARTE DEI LAVORATORI" a Milano il 23 febbraio 2006.
 ATTI CONVEGNO UN PROGETTO PER USCIRE pagg 44-49 relazione Prof. Giuseppe Sacco
clicca sull'immagine qui sopra per accedere alla Relazione del Prof. Sacco


Giuseppe SACCO - Note biografiche (da http://docenti.luiss.it/gsacco/)
Nato a Napoli il 1/08/’38. Laurea in Scienze Politiche presso l’Università di Napoli nel 1961.
Curriculum
Professore Ordinario di Politica Economica Internazionale, e Professore di Movimenti di Popolazione e Relazioni Internazionali presso la Facoltà di Scienze Politiche della Luiss Guido Carli.
E’ stato Professore di Relazioni e sistemi Economici Internazionali, e di Relazioni internazionali presso la stessa Università.
In precedenza, Professore presso il “Cesare Alfieri” di Firenze, presso l’Institut d’Etudes Politiques de Paris, e presso le Università di Princeton e di San Francisco, California.
E’ Editor dello The European Journal of International Affairs. Già Capo Divisione all’Oecd di Parigi, a partire dal 1971, ha lavorato come consulente in più di 50 Paesi, sia per organizzazioni internazionali (Onu, Cee, Oecd, Banca Africana di Sviluppo, Banca Asiatica di Sviluppo) che per moltissime compagnie italiane e straniere.
È stato Executive Vice-President della Saltec-Lavalin (Rome-Montreal), General Manager della Erasmus Press (Rome-Munich-Washington).
Pubblicazioni recenti
– Petrolio e Potere Mondiale, forthcoming.
– Critica del nuovo secolo, Luiss University Press, 2005.
– Que se vayan: America Latina contesa, Sankara, Roma, 2003