In un articolo uscito il 14 maggio scorso sul Corriere della Sera, la giornalista Valentina Santarpia scrive che <<si tratta di un disegno di legge, che
dovrebbe essere presentato subito dopo la riforma portuale>> e che << Lupi ha già chiari
i punti della riforma. Sono otto: «riprogrammazione dei servizi;
liberalizzazione; modernizzazione del settore industriale del comparto; costi
standard; tariffe, evasione e abbonamenti; rinnovo del parco rotabile;
integrazione del tpl con la pianificazione urbana; sistema del trasporto intelligente»>>
ecco i diversi punti nella bozza di "riforma" del ministro, secondo Lupi : <<
- Troppe società, bisogna accorpare. Per riprogrammare i servizi,«bisogna ripartire dalla domanda e dai bisogni reali dei cittadini», e «non dalla necessità di far sopravvivere le aziende attualmente esistenti» [1.100 società di Tpl su 8000 comuni (di cui 6000 sotto i 5000 abitanti)] sono troppe, bisognerà accorpare, favorendo le aggregazioni dei Comuni.
- l’Asstra, la società che raccoglie le aziende di trasporto pubblico locale, presenterà il 28 maggio il rapporto sulla domanda di mobilità.
- La riprogrammazione va di pari passo con l’integrazione nella pianificazione urbana e i sistemi di trasporto intelligente: la mobilità privata e pubblica va ripensata a livello comunale, con la creazione di nodi «interni» ai centri urbani e l’integrazione tra rete bus, rete metropolitana e «mobilità attive».
- Passando alla modernizzazione, «all’interno del ddl vanno inseriti elementi di incentivazione» in questa direzione: quindi, promuovere aggregazioni tra aziende e superare il nanismo del comparto.
- Sui costi standard, prosegue, «siamo a buon punto per la gomma e ora dobbiamo avere il coraggio di integrare i costi standard sul ferro»: come si legge nella bozza, l’obiettivo è «superare la cultura del rimborso a pié di lista», per cui ogni azienda richiede rimborsi a suo piacimento, e i costi finiscono per essere molto diversi l’uno dall’altro. Importante in questo senso sarà il ruolo dell’Authority trasporti, costituita a Torino.
- Autobus vecchi, dal 2019 andranno in pensione. Per rinnovare il parco rotabile-abbiamo autobus in media vecchi di 12 anni rispetto alla media europea di sette - la riforma vuole incentivare il comparto industriale del revamping/rigenerazione dei mezzi, che attualmente è tutto italiano, mentre i produttori sono tutti esteri. Ma anche escludere dal patto di stabilità interno gli investimenti nel TPL.
- Inoltre viene stabilito che dal 1° gennaio del 2019 debba entrare in vigore il divieto di circolazione per i bus Euro 1, 2 e 3 (oggi la metà dei 50.000 mezzi in circolazione). A tal fine sono stati già stanziati 600 milioni di euro, e si programma di stanziarne 200/300 all’anno mettendo in moto leasing finanziari che portino al rinnovo del parco mezzi con le conseguenti ricadute sulla filiera produttiva.
- Cambia anche la politica sulle tariffe e i biglietti: per incentivare i passeggeri ad acquistarli, si introdurranno diversi sistemi moderni, come l’acquisto attraverso sms o codici a barre, ma anche agevolazioni fiscali a chi decide di acquistare l’abbonamento.
- Mentre contro l’evasione, si daranno incentivi ai Comuni che abbassano il numero di «portoghesi» e a barriere in ingresso ed uscita per i treni locali.
- A caccia di risorse...il vero nodo restano le risorse, visto che il Tpl è sull’orlo del precipizio: dal 2010 le aziende hanno perso mezzo miliardo all’anno di finanziamenti, e il Fondo unico trasporti è stato depauperato senza sosta. Rispetto ad un fabbisogno stimato in oltre 6 miliardi, l’ultima dotazione è stata di poco meno di 5 miliardi. E per le aziende - pubbliche e private- che operano nel settore mantenere i conti in regola è diventato un esercizio di acrobazia. Con le Regioni che, strozzate a loro volta dai tagli dei trasferimenti dallo Stato, hanno finito per chiudere i cordoni della borsa. >>