Uber chiuso in
Germania
Pubblicato il 2 settembre 2014 da Marco Taxistory
esplosioneilsole24ore.com Il tribunale di Francoforte chiude
Uber, l’applicazione che permette di avere un autista a portata di smartphone.
Dopo le proteste dei tassisti in diverse città europee, i giudici della città
tedesca hanno disposto un’ingiunzione temporanea nei confronti della società
californiana che non potrà trasmettere le richieste dagli utenti agli autisti.
A giugno le proteste dei tassisti contro la app, che permette di inoltre di
improvvisarsi “driver” e offrire la propria auto, si erano diffuse in tutta
Europa.
Uber, fondata nel 2009 a San Francisco, è stata valutata a
giugno 18,2 miliardi di dollari.
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Taxi 2.0 tra
ambasciatori e sabotaggi: tutti i colpi bassi di Uber contro i rivali
Pubblicato il 1 settembre 2014 da Marco Taxistory
u_va55lastampa.it Sabotaggi, tentativi di conversione, piani
segreti e cellulari da usare solo una volta. La sfida dei taxi di ultima
generazione sta prendendo una piega degna della serie “Homeland” o di qualunque
film sulle spie. Due gli attori protagonisti. Uno è Uber, l’ormai noto servizio
di noleggio con conducente, disponibile in 45 Paesi e – in Italia – anche a Roma
e Milano. L’altro è Lyft, la startup rivale, che offre un servizio analogo, ma
per ora solo negli Stati Uniti.
Nome in codice SLOG
I conducenti di Lyft sono riconoscibili dai vistosi baffi in
peluche rosa messi sul muso dell’auto. Sia per questo dettaglio o per altro,
soprattutto a New York il servizio ha iniziato a guadagnare terreno. È lì che
Uber avrebbe messo in piedi un’incredibile campagna di sabotaggio, per provare
a far cambiare sponda agli autisti di Lyft. A rivelarlo è un’inchiesta del sito
americano The Verge, che include la testimonianza proprio di una delle persone
assunte da Uber per ostacolare la concorrenza. L’operazione si chiama SLOG ed è
davvero degna di un film di 007.
Gli evangelizzatori da taxi e i colpi bassi di Uber
Il dubbio che Uber stesse provando a ostacolare Lyft in
tutti i modi era già emerso a inizio agosto. Ma ora si scopre come. Al cuore di
tutto ci sono i cosiddetti “Brand ambassador”, ambasciatori ed evangelizzatori
del verbo uberiano. Ragazzi e ragazze assunti per far conoscere il servizio
soprattutto ai potenziali utenti e che invece –stando a quanto emerso
dall’inchiesta – da quest’estate hanno iniziato a prendere di mira i conducenti
di Lyft. Prenotando loro stessi delle corse del servizio rivale. E, una volta a
bordo, provando a convincere il conducente a cambiare sponda.
Cellulari e carte di credito: il kit del perfetto sabotatore
Lo sforzo di reclutamento e sabotaggio era molto ben
organizzato. Per i suoi ambasciatori, Uber ha messo in palio ricchi bonus per
ogni autista convertito alla causa. Non solo. Per non far scoprire tutta
l’operazione, l’azienda riforniva i suoi di cellulari, schede SIM e carte di
credito da usare una sola volta, per prenotare una corsa su Lyft senza lasciare
tracce. Ma c’erano anche rapporti e tabelle online per evitare di contattare
due volte lo stesso conducente.
Un doppio vantaggio
Una volta a bordo, gli ambasciatori dovevano seguire un
dettagliato manuale di conversazione, utile per convincere l’autista Lyft a
togliere i baffi rosa dal muso e passare a Uber. Se l’operazione riusciva,
eccoli pronti a sfoderare e consegnare il “driver’s kit”: il pacchetto dato ad
ogni conducente per operare con Uber. Ma anche in caso di insuccesso, c’era un
vantaggio: aver impedito all’autista di Lyft di raccogliere un altro cliente e,
quindi, al rivale di diffondersi ulteriormente.
La replica: “Siamo aggressivi, ma non sleali”
Dopo i tassisti infuriati (a Milano e non solo), il divieto
di operare a Berlino e Amburgo, in generale tutto il dibattito sulla legalità
del servizio, per Uber sembrano esserci tempi più duri del previsto. L’azienda
ha ammesso l’esistenza di SLOG, ma solo come di una campagna di marketing e
reclutamento di nuovi autisti. «Le nostre pratiche sono aggressive, ma non
sleali», hanno detto – in sintesi – i capi di Uber, Ryan Graves e Travis
Kalanick, rispondendo alle critiche su Twitter. Ma c’è di più: proprio Kalanick
ha riferito che Uber sarebbe stata a sua volta vittima di sabotaggio: «Abbiamo
contato oltre 12 mila corse prenotate e poi cancellate proprio da impiegati e
autisti Lyft». E se la guerra fosse solo all’inizio?
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Uber programma
l’espansione in Germania. Nonostante i divieti…
Pubblicato il 30 agosto 2014 da Marco Taxistory
VA55_Ubermosèautoblog.it L’”incredibile richiesta” in
termini di clientela ha spinto i vertici della società Uber a programmare una
massiccia campagna d’espansione sul mercato tedesco, nonostante i veti imposti
in alcune fra le principali città del paese (Berlino ed Amburgo su tutte). La
Reuters anticipa che l’applicazione di taxi on demand verrà introdotta da qui
alla fine del 2014 a Bonn, Colonia, Dortmund, Essen, Norimberga, Postdam e
Stoccarda, alla luce degli ottimi risultati conseguiti ad Amburgo, Berlino,
Dusseldorf, Francoforte e Monaco (dov’è già disponibile). I vertici della
società auspicano in tal modo di raddoppiare i clienti nel paese, nonostante
l’opposizione delle amministrazioni che governano Amburgo e la capitale. Pochi
giorni fa Wired ha ricordato che
il servizio è stato in un primo momento bandito a Berlino
per essere poi riammesso fino a nuovo ordine. Tutto, in realtà, è iniziato in
aprile, quando un tribunale della Capitale ha sentenziato, in seguito alla
richiesta di un singolo tassista, che l’app non deve operare. L’accusa al
servizio di San Francisco è sempre la stessa: farebbe concorrenza sleale alle
auto gialle. Il provvedimento di divieto vero e proprio è arrivato da parte del
dipartimento competente alla vigilia di Ferragosto, con tanto di minaccia di
multe fino a 25mila euro.
Alla fine di luglio il tribunale di Amburgo vietò Uber
perché i suoi autisti non dispongono della speciale patente che i taxisti devono
necessariamente conseguire per trasportare passeggeri, oltre alla licenza
professionale specifica. Gli avvocati della start up presentarono ricorso, ma
in ogni caso – come ha scritto La Stampa – il divieto non sarà esecutivo finché
la corte d’appello non avrà confermato la sentenza dei giudici amministrativi.
Nel caso, gli autisti che contravvenissero al divieto rischierebbero multe da
1000 euro.
Tuttavia una sentenza emessa nei giorni scorsi del Tribunale
amministrativo di Berlino ha decretato che il servizio potrà tornare ad essere
erogato sia ad Amburgo che nella capitale. Questo balletto di sentenze ed
ordinanze sembra aver spinto la concorrenza a lanciare il guanto della sfida.