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mercoledì 3 settembre 2014

Tassisti : la guerra di UBER...

Uber chiuso in Germania
Pubblicato il 2 settembre 2014 da Marco Taxistory
esplosioneilsole24ore.com Il tribunale di Francoforte chiude Uber, l’applicazione che permette di avere un autista a portata di smartphone. Dopo le proteste dei tassisti in diverse città europee, i giudici della città tedesca hanno disposto un’ingiunzione temporanea nei confronti della società californiana che non potrà trasmettere le richieste dagli utenti agli autisti. A giugno le proteste dei tassisti contro la app, che permette di inoltre di improvvisarsi “driver” e offrire la propria auto, si erano diffuse in tutta Europa.
Uber, fondata nel 2009 a San Francisco, è stata valutata a giugno 18,2 miliardi di dollari.
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Taxi 2.0 tra ambasciatori e sabotaggi: tutti i colpi bassi di Uber contro i rivali
Pubblicato il 1 settembre 2014 da Marco Taxistory
u_va55lastampa.it Sabotaggi, tentativi di conversione, piani segreti e cellulari da usare solo una volta. La sfida dei taxi di ultima generazione sta prendendo una piega degna della serie “Homeland” o di qualunque film sulle spie. Due gli attori protagonisti. Uno è Uber, l’ormai noto servizio di noleggio con conducente, disponibile in 45 Paesi e – in Italia – anche a Roma e Milano. L’altro è Lyft, la startup rivale, che offre un servizio analogo, ma per ora solo negli Stati Uniti.
Nome in codice SLOG
I conducenti di Lyft sono riconoscibili dai vistosi baffi in peluche rosa messi sul muso dell’auto. Sia per questo dettaglio o per altro, soprattutto a New York il servizio ha iniziato a guadagnare terreno. È lì che Uber avrebbe messo in piedi un’incredibile campagna di sabotaggio, per provare a far cambiare sponda agli autisti di Lyft. A rivelarlo è un’inchiesta del sito americano The Verge, che include la testimonianza proprio di una delle persone assunte da Uber per ostacolare la concorrenza. L’operazione si chiama SLOG ed è davvero degna di un film di 007.
Gli evangelizzatori da taxi e i colpi bassi di Uber
Il dubbio che Uber stesse provando a ostacolare Lyft in tutti i modi era già emerso a inizio agosto. Ma ora si scopre come. Al cuore di tutto ci sono i cosiddetti “Brand ambassador”, ambasciatori ed evangelizzatori del verbo uberiano. Ragazzi e ragazze assunti per far conoscere il servizio soprattutto ai potenziali utenti e che invece –stando a quanto emerso dall’inchiesta – da quest’estate hanno iniziato a prendere di mira i conducenti di Lyft. Prenotando loro stessi delle corse del servizio rivale. E, una volta a bordo, provando a convincere il conducente a cambiare sponda.
Cellulari e carte di credito: il kit del perfetto sabotatore
Lo sforzo di reclutamento e sabotaggio era molto ben organizzato. Per i suoi ambasciatori, Uber ha messo in palio ricchi bonus per ogni autista convertito alla causa. Non solo. Per non far scoprire tutta l’operazione, l’azienda riforniva i suoi di cellulari, schede SIM e carte di credito da usare una sola volta, per prenotare una corsa su Lyft senza lasciare tracce. Ma c’erano anche rapporti e tabelle online per evitare di contattare due volte lo stesso conducente.
Un doppio vantaggio
Una volta a bordo, gli ambasciatori dovevano seguire un dettagliato manuale di conversazione, utile per convincere l’autista Lyft a togliere i baffi rosa dal muso e passare a Uber. Se l’operazione riusciva, eccoli pronti a sfoderare e consegnare il “driver’s kit”: il pacchetto dato ad ogni conducente per operare con Uber. Ma anche in caso di insuccesso, c’era un vantaggio: aver impedito all’autista di Lyft di raccogliere un altro cliente e, quindi, al rivale di diffondersi ulteriormente.
La replica: “Siamo aggressivi, ma non sleali”
Dopo i tassisti infuriati (a Milano e non solo), il divieto di operare a Berlino e Amburgo, in generale tutto il dibattito sulla legalità del servizio, per Uber sembrano esserci tempi più duri del previsto. L’azienda ha ammesso l’esistenza di SLOG, ma solo come di una campagna di marketing e reclutamento di nuovi autisti. «Le nostre pratiche sono aggressive, ma non sleali», hanno detto – in sintesi – i capi di Uber, Ryan Graves e Travis Kalanick, rispondendo alle critiche su Twitter. Ma c’è di più: proprio Kalanick ha riferito che Uber sarebbe stata a sua volta vittima di sabotaggio: «Abbiamo contato oltre 12 mila corse prenotate e poi cancellate proprio da impiegati e autisti Lyft». E se la guerra fosse solo all’inizio?
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Uber programma l’espansione in Germania. Nonostante i divieti…
Pubblicato il 30 agosto 2014 da Marco Taxistory
VA55_Ubermosèautoblog.it L’”incredibile richiesta” in termini di clientela ha spinto i vertici della società Uber a programmare una massiccia campagna d’espansione sul mercato tedesco, nonostante i veti imposti in alcune fra le principali città del paese (Berlino ed Amburgo su tutte). La Reuters anticipa che l’applicazione di taxi on demand verrà introdotta da qui alla fine del 2014 a Bonn, Colonia, Dortmund, Essen, Norimberga, Postdam e Stoccarda, alla luce degli ottimi risultati conseguiti ad Amburgo, Berlino, Dusseldorf, Francoforte e Monaco (dov’è già disponibile). I vertici della società auspicano in tal modo di raddoppiare i clienti nel paese, nonostante l’opposizione delle amministrazioni che governano Amburgo e la capitale. Pochi giorni fa Wired ha ricordato che
il servizio è stato in un primo momento bandito a Berlino per essere poi riammesso fino a nuovo ordine. Tutto, in realtà, è iniziato in aprile, quando un tribunale della Capitale ha sentenziato, in seguito alla richiesta di un singolo tassista, che l’app non deve operare. L’accusa al servizio di San Francisco è sempre la stessa: farebbe concorrenza sleale alle auto gialle. Il provvedimento di divieto vero e proprio è arrivato da parte del dipartimento competente alla vigilia di Ferragosto, con tanto di minaccia di multe fino a 25mila euro.
Alla fine di luglio il tribunale di Amburgo vietò Uber perché i suoi autisti non dispongono della speciale patente che i taxisti devono necessariamente conseguire per trasportare passeggeri, oltre alla licenza professionale specifica. Gli avvocati della start up presentarono ricorso, ma in ogni caso – come ha scritto La Stampa – il divieto non sarà esecutivo finché la corte d’appello non avrà confermato la sentenza dei giudici amministrativi. Nel caso, gli autisti che contravvenissero al divieto rischierebbero multe da 1000 euro.

Tuttavia una sentenza emessa nei giorni scorsi del Tribunale amministrativo di Berlino ha decretato che il servizio potrà tornare ad essere erogato sia ad Amburgo che nella capitale. Questo balletto di sentenze ed ordinanze sembra aver spinto la concorrenza a lanciare il guanto della sfida.