Tamburi di guerra
La morte dei taxi questa volta non si chiama liberalizzazione ma “deregulation“. I registi sono sempre gli stessi (nel rapporto dell’OCSE sull’Italia pubblicato due giorni fa sono indicate le ricette per la crescita nel LUNGO periodo, la cosiddetta “going for growth” e precisamente, privatizzare, deregolamentare, diminuire le tasse per le imprese e i lavoratori, rendere efficiente (i costi del) sistema educativo. Insomma cambiano solo gli attori, ieri Monti, oggi Renzi. Di Tsipras, amici, per il momento nel nostro paese non ce n’è.
E allora dopo il Job’s act ecco la bozza governativa sulla concorrenza. Il solito film. Noi siamoliquidati in due paroline al Capo 5 – Servizi Pubblici Locali, nel primo articolo che si intitola giustappunto “Eliminazione distorsioni concorrenziali per gli autoservizi di trasporto pubblico non di linea“. E cosa dice l’articolo? Abrogati art. 3 comma 3, 5 bis, modificato l’art.8 comma 3, abrogato l’art.11 comma 4 della Legge 21/92. Traduzione: nessun obbligo per gli ncc di avere la rimessa nel Comune che rilascia l’autorizzazione, nessuna regolamentazione da parte di altri comuni per l’accesso degli ncc, nessun obbligo di iniziare e terminare il servizio presso la rimessa. Tutti taxi, o quasi.
Che poi sia quello che chiede Uber o meno poco importa. L’americana non ha inventato nè le app, nè la percentuale sul lavoro altrui. E’ caporalato vecchio come il mondo e basta. La 21/92, più volte rimaneggiata, è invece una legge dello Stato che costituisce un punto di equilibrio fra servizi complementari, frutto del lavoro di anni. E regola vite. Le nostre.
Il parlamentino taxi si riunisce a Roma il 12 ed è pur vero che si tratta solo di una bozza. Che rimanga tale! Una cosa sia chiara: nessuno si illuda di poter fare morire di fame le nostre famiglie.