per il lavoro, il reddito, la dignità
Di
fronte alla pesante crisi economica, industriale, sociale ed ambientale , alle
forme di resistenza dei lavoratori che, pur tra mille difficoltà, comunque si
sono sviluppate dal 2008 ad oggi anche qui in Lombardia, alla continua chiusura
di realtà industriali anche storiche e strategiche per il nostro paese, il
gravissimo problema del lavoro per tutte le generazioni ed in particolare per i
giovani è il problema centrale.
Quello che abbiamo sin qui visto è la progressiva scomparsa dell’Italia
industriale, in Lombardia, la distruzione delle forze produttive ha portato
negli ultimi 3-4 anni alla scomparsa di ¼ del patrimonio industriale e
produttivo manifatturiero di questa Regione.
Anche se in Lombardia vi è
tuttora concentrata il 30% dell’attività manifatturiera nazionale, abbiamo
avuto dal 2008 al 2013: 1 miliardo e 344 mila ore di cassa (1.343.941.793),
oltre 260 mila licenziamenti con le leggi 223 e 236 . Più del 21% delle aziende
industriali richiedono ancora la CIG.
Tra genn e marzo 2014 in Lombardia, rispetto allo stesso periodo del 2013, si registra una crescita delle ore autorizzate di CIG del11,98% (72.565.722 ore), una riduzione della cassa ordinaria del 20,82% (22.675.614 ore) e un aumento della cassa straordinaria del 27,87% ( 37.082.424 ore), mentre, per le ragioni che abbiamo sottolineato, aumenta vistosamente la cassa in deroga dell’78,79% (12.807.684 ore).
Tra genn e marzo 2014 in Lombardia, rispetto allo stesso periodo del 2013, si registra una crescita delle ore autorizzate di CIG del11,98% (72.565.722 ore), una riduzione della cassa ordinaria del 20,82% (22.675.614 ore) e un aumento della cassa straordinaria del 27,87% ( 37.082.424 ore), mentre, per le ragioni che abbiamo sottolineato, aumenta vistosamente la cassa in deroga dell’78,79% (12.807.684 ore).
Ma la crisi, se prendiamo sempre in considerazione il settore
manifatturiero, non colpisce solo operai e impiegati; dal 2008 ad oggi, nella
provincia di Milano (da sempre considerato il bacino dell’industria italiana)
sono state perse più di 1000 imprese sulle 7000 che impiegavano almeno un
dirigente e il sistema produttivo ha espulso più di 10.000 dirigenti
industriali.
Negli ultimi 5 anni i dirigenti
italiani oltre confine sono cresciuti del 40% e sono ormai oltre 7000, hanno
preso altresì la via dell’estero privando il nostro paese di intelligenze e
capacità, di energie soprattutto giovani.
Secondo la CGIA di Mestre le Regioni più investite dalla
“fuga” delle proprie aziende verso l’estero sono quelle del Nord. Lombardia in
testa dove a marzo 2013 se ne contavano 9.647, seguita da Veneto 3.679, Emilia Romagna 3.554 e Piemonte
2.806. Messe tutte assieme costituivano già oltre il 72% del totale delle
imprese che hanno lasciato il nostro Paese.
Tante chiusure di attività e di
aziende e la riduzione del tessuto produttivo, in particolare nel comparto
artigiano, nel commercio e nelle PMI, mentre aumenta la cassa in deroga perchè
tante aziende non possono più ricorrere alla cassa ordinaria o straordinaria.
La situazione nella nostra Regione diventa sempre più critica.
Ad esempio, tra Martesana e Vimercatese siamo di fronte ad uno dei più
grandi scempi e distruzione del tessuto industriale, in particolare high-tech.
Interi siti produttivi scomparsi o fortemente ridimensionati. Un processo che
ancora non si arresta, anzi produce ancora “vittime” seppur accompagnate da
lotte di resistenza tra i lavoratori che vi si oppongono come la Jabil/Nokia e la Alcatel Lucent .
Migliaia di posti di lavoro sono stati persi e altri sono a rischio.
Per contrastare i processi di
delocalizzazione e/o di chiusura delle fabbriche, non può che esserci alla base
un rilancio dell’economia anche se su basi nuove e di contrasto alla
speculazione, della salvaguardia delle condizioni economiche, sociali,
ambientali dei lavoratori, delle masse popolari e dei cittadini.
Delocalizzazioni, speculazione edilizia, massimizzazione del profitto,
finanziarizzazione delle attività economiche, sono le principali cause dello
smantellamento produttivo. Per
i lavoratori, divisi e ricattati, non è rimasta spesso che cassa integrazione,
mobilità, riduzione del reddito, licenziamenti, devastazione del territorio .
Per la popolazione un impoverimento generale, speculazione edilizia e perdita
di migliaia di posti di lavoro, ritrovandosi un territorio senza più prospettive
per le future generazioni . Non può essere questa la soluzione del problema!
Senza lavoro (in particolare senza lavoro industriale) non si produce
ricchezza reale.