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domenica 23 novembre 2014

Juncker,multinazionali e.. TTIP

riceviamo da Carmine Curcio , Macchinista FS, e pubblichiamo: 
Juncker,multinazionali e.. TTIP
Jean-Claude Juncker è il nuovo presidente della Commissione Europea, ex presidente dell’Eurogruppo per otto anni, governatore della Banca Mondiale per sei anni governatore al Fmi e primo ministro del Granducato  di Lussemburgo per diciotto anni, un caso di rimarchevole longevità politica, quasi pari a quella di Greenspan alla Fed .

Lo stesso Juncker è in prima fila nel chiedere agli stati europei sacrifici e tagli per rimettere a posto i conti pubblici e diminuire debiti e deficit. Oggi sappiamo che molti dei peggiori paradisi fiscali del pianeta sono di fatto nella "virtuosa" Unione Europea o sotto il diretto controllo dei paesi Ue e tra questi il Lussemburgo ha un’enorme percentuale di capitali attratti rispetto al totale in fuga verso l’estero. Significativa è l’avanzata delle Top 200 multinazionali del mondo che registra nei profitti una crescita negli ultimi quindici anni di oltre quattro volte e mezzo; i
dipendenti, invece, crescono solo due volte come conseguenza di un assetto produttivo in rapida trasformazione. Come tutte le imprese anche le multinazionali detestano i costi, primi fra tutti le tasse. Per questo fanno ampio ricorso ai paradisi fiscali, quei territori, cioè, con alti gradi di segretezza e agevolazione fiscale, appunto tra questi il Lussemburgo grande come tre quarti della Val d’Aosta con una popolazione inferiore a quella di Genova ed il Pil pro capite più alto al mondo (2012). Pochi, ricchi, felici. Come fanno? L’86% della ricchezza è data da servizi e in particolare dalle 152 banche che ivi risiedono, più le finanziarie, i fondi e le 9.000 holding che si godono il vantaggioso ecosistema
lussemburgheseLa stranezza è un j’accuse di un’inchiesta del cosiddetto consorzio internazionale del giornalismo nei confronti di Juncker che riguarda cose più che risapute, ovvero gli sconti fiscali che sono applicati in Lussemburgo un trattamento fiscale ridotto al minimo, il 2% appena per gruppi finanziari, grandi patrimoni e multinazionali tra cui Ikea a Finmeccanica, da Deutsche Bank a Unicredit a Fiat. Ma che scandalo è? Che il Lussemburgo fosse un paradiso fiscale lo sapevano tutti ! In realtà Juncker ha fatto cose che sono alla base  della governance europea, con quell’idea di liberalizzazione assoluta insita nel trattato di Lisbona come nella direttiva Bolkenstein che prevedeva che se gli stati messi in concorrenza sul terreno fiscale, avrebbero finito per abolire o rendere puramente simbolica la tassazione sulle attività economiche. Tanto gli stati avrebbero recuperato denaro dalla abolizione progressiva del welfare. Una logica che è alla base anche del nuovo trattato transatlantico (TTIP) e che anzi viene da esso portata all’estremo e al punto di non ritorno. Anzi è proprio per questo che Juncker è stato eletto.
Ecco un esempio semplificato di una pratica perfettamente lecita di tassazione :
Soggetto A: multinazionale che vende abbigliamento con sede legale in Italia.
Soggetto B: azienda che produce materialmente i capi residente in un paese con bassi costi del lavoro (es. Cina),
Soggetto C: filiale dell'impresa italiana A residente in un paradiso fiscale (es. Panama).
  I capi d'abbigliamento vengono confezionati da B a un costo di 10 euro l'uno e vengono venduti ai consumatori in Italia a 100 euro. Se il passaggio avvenisse direttamente da B ad A, quest'ultima avrebbe un utile(semplificato) di 90 euro e dovrebbe pagare le tasse su questo profitto con le aliquote previste in Italia.
  Ma l’impresa A costituisce una filiale C in un paradiso fiscale. Sarà quest'ultima ad acquistare il capo d'abbigliamento da B a 10 euro e a rivenderlo a sua volta alla casa madre A a 100 euro. A questo punto l'utile di 90 euro risulta realizzato nel paradiso fiscale dove non esiste una tassazione dei profitti. In Italia non risulta alcun utile perché la casa madre ha comprato e rivende allo stesso prezzo. Quindi non ci sono tasse da pagare.
  In alcuni casi la vendita finale può risultare anche in perdita (per esempio se A compra da C a 110 euro) e quindi la società italiana può addirittura beneficiare di sgravi fiscali e altre forme di sostegno. Pagate da tutti i contribuenti. Con questa pratica infatti il Lus­sem­burgo si difende: “non c’è nulla d’ille­gale”, spiega il mini­stro delle finanze, Pierre Gra­me­gna, “abbiamo solo appli­cato le nostre leggi”, con­si­de­rate “patri­mo­nio nazio­nale”.
Ritornando alle critiche a Juncker forse la chiave sta nel suo manifesto per l’elezione a presidente della commissione Ue l’ex primo ministro lussemburghese che aveva fiutando nell’aria una reazione della cittadinanza e la fragile situazione di alcuni governi necessari al massacro sociale  aveva dichiarato: “non voglio sacrificare la sicurezza, la salute, le norme sociali e protezione dei dati in Europa sull’altare del libero scambio. Né accetto che la competenza dei giudici in  Stati membri dell’UE sia limitata dai regimi speciali per le controversie con gli investitori “.
L’ironia sul “rigorista” Junker che poi si rivela l’arcangelo del paradiso fiscale chiamato Lussemburgo, è fuori luogo: il rigore europeo si riferisce esclusivamente agli strumenti con cui si deve far fronte al debito pubblico e al deficit di bilancio: cioè ai massacri a danno del welfare, della scuola, della sanità, dei beni pubblici svenduti a privati e all’aumento delle tassazioni indirette (iva, accise e via dicendo) che colpiscono tutti. Davvero Juncker non ha nulla del burocrate, rappresenta una enorme massa di profitti, la stessa che ha servito come premier del Lussemburgo e ora come presidente della commissione, per volontà dei capi di stato europei che lo sostengono in Europa. Come più volte ho ripetuto penso che <la politica oramai abbia abdicato, non è più sovrana sulle questioni economiche aspetta solo indicazioni da multinazionali ed enti sovranazionali come FMI,BM,Bce ec ; il potere è in mano a società private che ormai regolano la totalità degli aspetti economici, politici e sociali delle nostre società e delle nostre vite. Ecco a questo punto non è il debito di oggi che deve farci paura ma è il domani che hanno preparato alle popolazioni e penso che sia importante domandarci da che parte stare: dalla parte delle politiche che rafforzano il potere e la ricchezza dell’1% della popolazione o quelle realmente difendono i diritti e l’equa ricchezza del 99% della popolazione?>
21 11 2014 Carmine Curcio
p.s. paradisi fiscali (grafico qui di seguito)