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giovedì 3 marzo 2016

da Atene: MONAETHPAKI “Rebeletiko” (recensione musicale a cura di Amerigo Sallusti)

recensione musicale a cura di Amerigo Sallusti


MONAETHPAKI “Rebeletiko” 2015, autoprodotto.


Quando nel 1928 Michalis Patrinos incise Misirlou non poteva certo immaginare che un giorno sarebbe divenuto globalmente famoso grazie al regista Quentin Tarantino che la inserì nella colonna sonora del film Pulp Fiction. Per suonare il rebetiko viene utilizzato il bouzouki lo strumento musicale greco più famoso al mondo e, in realtà, molti rebeti usano il baglama, un piccolo bouzouki lungo circa 50-60 cm, più comodo da portare in giro.
Le origini di questi strumenti si perdono nell’antichità insieme agli altri che comunemente si usano quali la lira, il clarinetto, il violino, il santouri e il kanonaki (due particolari strumenti a corda) e poi l’oud e lo tzouras (simili al bouzouki) ed infine il tumbeleki (una specie di tamburo).
Un uso corale
  di strumenti per una musica appellata rebetiko che in turco significa fuorilegge. Perché è giusto ricordare che tutto ciò nasce “a causa” della grande sconfitta greca nel 1923 ad opera della confinante Turchia che a seguito di tale conflitto acquisì una serie di territori da tempo immemore facenti parte della Grecia continentale; in tale frangente oltre un milione di greci dovette fuggire così come dovettero fare altrettanti turchi in senso inverso per scampare alle persecuzioni che stavano esplodendo nei loro confronti.
I
Monaethpaki gruppo di giovani ateniesi che si è autoprodotto il proprio cd ci parlano di queste tematiche nelle loro canzoni: guerre, povertà, migrazioni, sofferenze dei popoli. Il rebetiko si sviluppa su più fasi temporali peculiari ma tutte scaturiscono egualmente nelle grandi periferie delle città portuali, tra i marinai, i baraccati, gli emarginati, i disoccupati, simile in ciò al fado, al tango…
Questo genere, questa attitudine musicale infatti ritorna sempre (musicalmente) alle origini quando gli “avvenimenti umani” mutano in sommovimenti, peregrinazioni di massa e non a caso anche per i
Monaethpaki il percorso è lo stesso; nascono nella temperie sociale di questi ultimi anni, di una Grecia scossa e ribollente per le tempeste economico-finanziarie mondiali e nei loro testi, nelle loro musiche si odono, si percepiscono sentimenti divergenti quali le cupe ombre del presente e lucide utopie di un cambiamento possibile. 
Con un sottofondo costante di litanie arabe e gitane a rappresentare musicalmente il crogiuolo rappresentato da una terra di confine come quella “attualmente” divisa da confini “nominati” greco-turchi. Strumenti tradizionali, vocalizzi attuali, ispirazioni antiche e speranze futuribili attraversano i momenti più lenti dei brani che di colpo e frequentemente vengono scossi da turbinii, quasi a rappresentare in note la realtà materiale della loro terra, quella Grecia che ha dato vita alla filosofia, summa delle conoscenze, ora messa all’angolo da un manipolo di tecnocrati e speculatori di ogni risma. La miglior risposta è questa dei Monaethapaki: “Sarà una musica che vi seppellirà” per parafrasare un vecchio slogan di qualche decennio fa.