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lunedì 29 dicembre 2014

Guidare il treno a 70 anni, ma scherziamo?. Lettera al manifesto di un macchinista ferroviere

da "iI Manifesto" del 27 dicembre 2014 la lettera di Matteo Mariani, Macchinista FS e Direttore della Rivista dei Macchinisti Italiani "Ancora in Marcia!".
 

Guidare il treno a 70 anni, ma scherziamo?
 Matteo Mariani26.12.2014
La testimonianza. Lettera al manifesto di un macchinista ferroviere
Tra qual­che anno avremo mac­chi­ni­sti set­tan­tenni alla guida dei treni. Sem­bra incre­di­bile, ma sarà così.
Fino a qual­che anno fa chi gui­dava i treni, così come altri fer­ro­vieri con man­sioni con­nesse alla sicu­rezza e che lavo­rano su turni irre­go­lari, aveva un fondo spe­ciale presso l’Inps e la garan­zia di poter andare in pen­sione a 58 anni.
La pen­sione anti­ci­pata risul­tava di fon­da­men­tale impor­tanza in par­ti­co­lare per i mac­chi­ni­sti, che hanno tut­tora un’aspettativa di vita di 64,5 anni, con­tro quella media di 82 anni della popo­la­zione ita­liana.
Poi sono arri­vati i vari Cal­de­roli (che ha sop­presso i fondi spe­ciali) e For­nero, e così i fer­ro­vieri, unica cate­go­ria in Ita­lia, si sono tro­vati ad andare in pen­sione 9 anni più tardi in un colpo solo. Unica cate­go­ria, per­ché le altre che gode­vano di sistemi spe­ciali sono state «armo­niz­zate», cioè il par­la­mento, attra­verso delle com­mis­sioni tec­ni­che, ha valu­tato se per­si­ste­vano con­di­zioni di lavoro par­ti­co­lar­mente disa­giate e quindi se sus­si­stes­sero ancora pre­sup­po­sti per man­te­nere un’età di pen­sione anti­ci­pata.
Per i fer­ro­vieri que­sto non è acca­duto, per­ché durante la tra­scri­zione della legge che dispo­neva le armo­niz­za­zioni (decreto-legge n. 201/2011) qual­cuno ha com­messo un errore: nell’ultimo periodo dell’articolo 24, comma 18, è stata infatti uti­liz­zata la parola «arti­colo» anzi­ché «comma», e que­sto fatto di per sé banale ha escluso i fer­ro­vieri dalle cate­go­rie da armo­niz­zare.
Che si sia trat­tato di un errore e non di una scelta con­sa­pe­vole è stato ormai rico­no­sciuto da tutte le forze poli­ti­che; ma nono­stante que­sto sono già tre anni che i fer­ro­vieri, in una ver­tenza ini­ziata dalla rivi­sta sto­rica dei mac­chi­ni­sti ancora In Mar­cia, stanno chie­den­done la rego­la­riz­za­zione, senza aver otte­nuto fino ad oggi nes­sun risul­tato con­creto.
La modi­fica al testo di legge è stata ed è tut­tora soste­nuta da tutti i mem­bri della Com­mis­sione Lavoro della Camera, da Damiano e Gnec­chi del Pd a Riz­zetto, Tri­piedi e Comi­nardi del M5S a Mar­con e Airaudo di Sel, a Fedriga della Lega a Di Salvo del Gruppo Misto, ma i governi che da allora sono stati in carica l’hanno sem­pre respinta. La moti­va­zione del diniego è di natura eco­no­mica, quando invece per­sino l’Inps, con­sul­tata per un «pre­ven­tivo di spesa», ha con­fer­mato che si tratta di poca cosa.
L’aspetto para­dos­sale è però che un governo stia di fatto soste­nendo che biso­gna indi­vi­duare una coper­tura finan­zia­ria non per un prov­ve­di­mento nuovo, quanto per la cor­re­zione di un errore che sem­pre un governo ha com­messo.
I fer­ro­vieri intanto non si sono arresi, ma con­ti­nuano a chie­dere la resti­tu­zione di quanto è stato loro tolto. In par­ti­co­lare non si pos­sono arren­dere i mac­chi­ni­sti, per­ché andare in pen­sione a 67 anni quando si muore a 65 è con­tro ogni logica, per­sino con­tro la mate­ma­tica.
E di sicuro nes­sun mac­chi­ni­sta si augura di morire, ormai stre­mato, alla guida di un treno.