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mercoledì 27 dicembre 2017

Dall'Egitto : REBEL UP! – ARAB STREET SOUNDS MIXTAPE (recensione musicale a cura di Amerigo Sallusti)

REBEL UP ! – ARAB STREET SOUNDS MIXTAPE (recensione musicale a cura di Amerigo Sallusti)

A più di sei anni da piazza Tahir, con la tensione sempre alta, in Egitto ci si interroga ancora sulle conseguenze culturali e sociali della rivolta. Lo è, sicuramente, la diffusione della cosiddetta musica electro chaabi –un misto di hip-hop, dance elettronica, danza del ventre, celebrazioni tradizionali da matrimonio- nata in questi ultimi anni all’estrema periferia del Cairo e che attira fortemente l’attenzione di ricercatori, dj occidentali, giornalisti. La figura più clamorosa di tutte è quella di Islam Chipsy, che suona da assoluto virtuoso sulla sua tastiera Yamaha una specie di versione egiziana della musica techno di Skrillex che a partire dai dubsteppers The Riots ha rigenerato l’Electro e il Progressive house, il Glitch, il Drum and Bass. Un disco registrato dal vivo, appena pubblicato dalla piccola etichetta d’avanguardia del Cairo Nashazspone, coglie perfettamente l’eccitazione collettiva e la novità delle sue performance. Islam Chipsy vive al Cairo, ha moglie e figli. Lavora alla sera come musicista professionista nel nightclub Markez (che prende il nome –fondendoli- dal Marquèz, il locale punk per antonomasia e dall’immenso scrittore Gabriel Garcìa) dove accompagna cantanti e ballerine fino a mezzanotte. Poi si cambia e entra nel mondo segreto del marghanat: feste private, addii al celibato, matrimoni che durano fino alle prime luci dell’alba.
Affiancato da due batteristi, Khaled Mando e Islam Tata, è in grado di praticare per ore le sue routine acrobatiche alla tastiera: suona con le dita, i pugni, i gomiti; aggiunge sirene, rumori, botti. Il volume altissimo e il suono complessivamente distorto fanno il resto. Di fronte a lui migliaia di ragazzi –e ragazze!- ballano in estasi totale. Due documentari recenti, Electro chaabi della giornalista Hind Meddeb e Underground on the surface della film maker Salma El tarsi mostrano da vicino i volti, i suoni di questo strano movimento di ragazzi –e ragazze!- giovanissimi. Il fatto che le due registe siano donne è un segno preciso. Di recente, star del genere come Sadat, Mc Amin, Oka e Ortega, sono stati accolti da grande curiosità in un loro breve tour inglese. Questo stato nascente di una delle più vivaci musiche da ballo del pianeta, come fu per il rai algerino, il baile funk brasiliano, il primo hip hop newyorkese, l’electro chaabi è suonata su software craccati e vecchi computer, si diffonde in rete, colpisce per l’ironia dei testi e la contagiosa aria da rave party che trasmette.
Davvero radicale questa nuova scena elettronica egiziana così come la sua fonte d’ispirazione, quel vasto sommovimento appellato “Primavera araba”, che ha tellurizzato tutto il nord-Africa ed il vicino-oriente. Non esistono vinili o CD, ma solo mp3 e mediafire links. Tastiere insieme a voci con l’auto-tuning, elementi eurotrash trasformati in qualcosa di lo-fi ed euforico. Ed insieme ad Islam Chipsy troviamo il tiro EEK ed il collettivo multietnico Cairo Liberation Front. I testi sono uno squarcio di neorealismo nel conformismo dei militari al potere. Povertà, droga, sogni, rivendicazioni tutti provenienti dalle immense periferie del Cairo e che riflettono la situazione politica e sociale e le contraddizioni di una generazione che vuole disfarsi di divieti e tabù. L’Electro chaabi risuona nei palazzi-formicai con i mattoni e il cemento a vista, le strade strette e fangose, le selve di antenne paraboliche e le macchine scassate di altri tempi che intasano i quartieri popolari di Salam City, Imbava, Sayda Zainab Mataryia, da dove sono partite, tra l’altro, le onde d’urto materiali e non sonore, della rivolta egiziana al potere.
E proprio durante le celebrazioni collettive, in particolare i matrimoni, uno dei rari spazi di libertà tollerati dalla società egiziana più tradizionalista, che questa musica ha trovato il suo terreno d’elezione, ha cominciato a scorrere come un fiume carsico prima ed  in piena ora. Feste con atmosfere psichedeliche, festose, caotiche. Rave dove fiumi di persone si riversano nelle strade colorate dai graffiti che inneggiano al cambiamento, sotto tendoni illuminati, ripetendo le parole cantate dai vocalist e saltando al tempo di campionamenti di antiche canzoni popolari e rituali del corso del Nilo. Le note dell’Electro chaabi risuonano ormai ben al di là dei ghetti dove hanno visto la luce. E questa voglia di libertà non potrà essere soffocata da muri o divieti. Anzi, li abbatterà..
 

venerdì 11 marzo 2016

Dopo il caso Regeni in Egitto,l’uccisione dei tecnici italiani in Libia:un attacco all’Italia? (dal sito pennabiro.it)


dal sito pennabiro.it
Dopo il caso Regeni in Egitto,l’uccisione dei tecnici italiani in Libia:un attacco all’Italia?



Il cadavere del giovane ricercatore fu trovato nel momento stesso in cui il ministro Guidi stava per firmare una serie di contratti in una riunione con il mondo industriale egiziano,riunione poi sospesa.
Adesso due dei 4 tecnici iitaliani rapiti in Libia vengono uccisi molto probabilmente durante una operazione che riguardava la loro liberazione.Egitto e Libia,due paesi con cui l’Italia ha importanti rapporti commerciali ,è lecito chiedersi:sono due azioni collegate il cui obiettivo è colpire gli interessi del nostro paese?
A suo tempo il governo Berlusconi concluse un trattato di amicizia con la Libia ,in un disegno di politica internazionale che vedeva anche la Russia come partner importante.Sappiamo come è andata a finire,Gheddafi fu barbaramente eliminato,il trattato di amicizia Italia-Libia calpestato,dopodichè sono venute le sanzioni alla Russia che hanno penalizzato fortemente l’export italiano.Oggi si chiede all’Italia di inviare soldati in Libia,in una intervista  del 4 marzo sul Corriere della Sera l’ambasciatore americano
dà anche un numero preciso,5000 uomini.Nella stessa intervista viene detto che gli USA hanno aspettato troppo per completare i lavori in Sicilia del MUOS ,il nuovo centro di controllo militare globale e l’ambasciatore non spende una parola autocritica sulle intercettazoni sugli uomini di governo italiani.Viene da pensare:ma chi comanda in Italia?
Da qualche parte viene criticata la cosiddetta prudenza di Renzi di fronte alle richieste di intervento militare in Siria e Libia,così come la dichiarazione di concedere l’uso della base militare di Sigonella per inviare droni armati in Libia,volta per volta dopo valutazione del governo italiano.Vale la pena ricordare che la base di Sigonella fu già al centro di un conflitto tra governo italiano e americano ai tempi di Craxi.A suo tempo,nel 2014 e 2015 , Renzi aveva sollecitato un intervento militare in Libia,ci ha ripensato?Se sì lo dica chiaramente al paese.Del resto se negli USA il prossimo presidente eletto fosse favorevole ad un totale disimpegno dal Mediterraneo e l’appoggio attuale ad una coalizione guidata dall’Italia venisse meno il nostro governo si troverebbe con il cerino acceso in mano.
Da un lato poi si propone all’Italia la ”direzione”delle operazioni in Libia.Dall’altra i fatti di Regeni e dei due tecnici uccisi possono anche essere letti come una operazione per coinvolgere l’opinione pubblica italiana che i sondaggi danno contraria per l’81% alla guerra in Libia e spingere il governo ad intervenire.
Occorre anche ricordare che ai tempi dell’intervento militare che portò all’eliminazione fisica di Gheddafi e del suo governo,ci fu un contrasto tra il presidente della Repubblica Napolitano che secondo la Costituzione riveste il compito di capo delle forze armate e il presidente del Consiglio Berlusconi .Qualcosa del genere si ripropone tra Mattarella,di recente in visita negli USA e Renzi?
E corrisponde al vero che esistono da tempo preparativi di guerra all’insaputa del parlamento e dei cittadini italiani?E chi li avrebbe promossi?
Una cosa è certa ,il caos che esiste nel NordAfrica e in MedioOriente è responsabilità precisa della politica imperialista degli USA e dei paesi europei che li hanno seguiti.
Purtroppo la mentalità e gli interessi coloniali fanno ancora parte della politica dei maggiori paesi europei,ognuno cerca di favorire le proprie compagnie petrolifere e infatti la portaerei De Gaulle è già posizionata davanti alle coste libiche, l’amministrazione americana si serve di questo e gioca su questa rivalità.
Occorre naturalmente un pretesto a tutto questo,se con Gheddafi o Saddam il pretesto era perché venivano definiti dittatori da quegli stessi governanti occidentali che fino a poco tempo prima li accoglievano come amici,adesso il pretesto è il pericolo dello stato islamico.
La posizione del nostro governo di intervenire soltanto dopo che sarà stata presa una decisione dell’ONU non regge ed è da respingere proprio perché negli anni recenti il consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha avallato invasioni camuffate da interventi umanitari.L’ONU ha dei padroni e anche in passato è prevalsa la loro volontà per giustificare aggressioni ed invasioni militari.
Occorre invece ribadire con forza che c’è un un principio di non ingerenza nei rapporti tra paesi anche se l’ONU ha fatto finta spesso di dimenticarsene ed è a quel principio che occorre richiamare l’opinione pubblica e quanti intendono manifestare contro la guerra.Quel principio è stato spesso calpestato e in questo vi è anche la responsabilità dei dirigenti delle cosiddette sinistre italiane ,francesi,inglesi e altre che a suo tempo hanno sostenuto la guerra in Serbia.Eppure i responsabili di tutte le guerre che hanno causato e causano morti e distruzioni ,dall’Iraq alla Siria,sono liberi e tranquilli.
Il popolo italiano non deve cadere in questa trappola dell’intervento in Libia ma chiedere una presa di posizione del governo italiano a favore di una soluzione pacifica .Ma non soltanto il popolo italiano non deve cadere nella trappola,l’intera Europa non deve caderci,sarebbe la fine di un possibile progetto politico che rappresenta le aspirazioni dei popoli europei che prevede il dialogo e lo scambio con l’altra sponda del Mediterraneo,non la guerra.Per questo siamo dell’opinione che occorra una pressione popolare in vario modo sul Parlamento europeo pechè vieti espressamente la partecipazione di qualsiasi paese europeo all’intervento militare in Libia.L’Europa ha una responsabilità storica per l’arretratezza dell’Africa e del medio Oriente,invece di spendere soldi in portaerei o per tenere i profughi nei campi vedi i 3 miliardi di euro dati alla Turchia,dovrebbe pensare seriamente ad un piano di sostegno economico senza nessun condizionamento o pretesa coloniale.
Dove ci porterebbe un nuovo intervento coloniale in Libia visti i risultati del precedente intervento ?Nessuno lo sa ma una cosa è certa e cioè che aumenterebbe ancora di più nel mondo, il caos ,il terrorismo e il fenomeno dell’immigrazione.
sic