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martedì 25 ottobre 2016

Il CETA é fallito, vince l’impegno dei cittadini e dei produttori responsabili (da Stop Ttip Italia)


https://stop-ttip-italia.net/2016/10/24/il-ceta-ha-fallito-vince-limpegno-dei-cittadini-e-dei-produttori-responsabili/

Il CETA é fallito, vince l’impegno dei cittadini e dei produttori responsabili

 Salta il vertice Europa-Canada e la Campagna stop TTIP Italia pubblica il nuovo rapporto “Butta quella pasta“: perché il CETA va fermato anche se il Belgio ci ripensa. Per questo Stop TTIP Italia conferma le iniziative del 5 novembre: “non illudiamoci e non abbassiamo la guardia”
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“Il Belgio non è nella posizione di firmare il CETA”. Con queste lapidarie parole il primo ministro belga Charles Michel chiude la partita sull’Accordo di liberalizzazione commerciale con il Canada. “La Vallonia, il Governo di Bruxelles capitale e la comunità francese hanno detto No”.
Dopo l’afflosciamento del negoziato sul TTIP, la Commissione Europea ha provato a forzare sull’approvazione del CETA tentando di trasformare un accordo evidentemente misto, che richiede la ratifica dei Parlamenti nazionali, in uno EU only e a modificare alcuni dei capitoli più problematici, come l’arbitrato sugli investimenti, con uno specchietto per le allodole come l’imitazione di una vera corte internazionale (ICS). Oggi, perà, il campione socialdemocratico di CETA e TTIP, Bernard Lange, è costretto a ammettere su Twitter che “il CETA ha fallito . L’Unione europea non è più capace di creare un compromesso sociale, ha bisogno di un profondo riorientamento verso le aspettative dei cittadini”: Ben svegliato! Non era meglio ascoltare le nostre preoccupazioni per tempo, quando sono state scritte nero su bianco negli emendamenti alla Risoluzione sul TTIP che avevamo fatto presentare al Parlamento Europeo l’8 luglio 2015 e che sono state prontamente bocciate da Popolari e Socialdemocratici?
“Lo stop del percorso di approvazione del CETA mostra quanto siano l’inadeguatezza e l’insostenibilità delle politiche sostenute dalla Commissione Europea a creare le condizioni per i propri fallimenti” sottolinea Monica Di Sisto, di Fairwatch e portavoce della Campagna Stop TTIP Italia. “La posizione della Vallonia, tutt’altro che nazionalistica e autarchica, ha ribadito come per alcuni capitoli estremamente delicati e rischiosi come quello dell’arbitrato per le imprese, dello sviluppo sostenibile, l’innalzamento degli standard di qualità, non ci siano le tutele necessarie. Quello che è emerso con il caso della regione belga è ciò che le campagne Stop TTIP/CETA hanno ribadito per oltre due anni, ma che la Commissione Europea ha pensato bene di ignorare. Rimaniamo comunque con gli occhi aperti, è necessario che il Consiglio Europeo si esprima in modo incontrovertibile sulla situazione. Per questo chiediamo che sospendano ufficialmente l’approvazione del CETA e il negoziato TTIP, cambiando radicalmente rotta“.
Per dimostrare con i fatti che il no al CETA non è figlio del nazionalismo e della miopia politica, come pure alcuni da parte socialdemocratica e centrista sembrano voler sostenere, la Campagna Stop TTIP Italia pubblica il nuovo e scottante rapporto “Butta quella pasta! Perché il CETA va fermato subito dove si affrontano con numeri e dati in 14 pagine l’impatto rovinoso che il maggior ingresso di grano e di pasta canadesi avrebbero sui produttori italiani, sulla protezione delle nostre paste e dolci di eccellenza e sulla tutela della nostra salute che verrebbe minacciata da prodotti con più pesticidi, tossine e ogm. Il link al documento butta-quella-pasta-def
“Il disastro nella politica commerciale europea è figlia di un approccio eccessivamente orientato alla tutela dei privilegi di pochi” sottolinea Elena Mazzoni, di Transform tra i coordinatori della Campagna Stop TTIP Italia. “Nonostante una netta opposizione al meccanismo dell’arbitrato che si è dimostrata non solo nelle piazze ma anche con il 97% di contrarietà su oltre 140mila opinioni inviate all’UE in occasione di una consultazione popolare, la Commissione è andata avanti lo stesso, proponendo una riforma assolutamente parziale e insoddisfacente. Il caso TTIP e CETA dovrebbero essere un campanello di allarme sul fatto che bisogna necessariamente cambiare rotta”.
“Come Campagna Stop TTIP Italia abbiamo comunque scelto di non abbassare la guardia” aggiunge Marco Bersani, di Attac e tra i coordinatori della Campagna Stop TTIP Italia. “Il TTIP e il CETA non sono stati ancora definitivamente messi in un cassetto e per questo il 5 novembre organizzeremo eventi in diverse città italiane, per ribadire la nostra contrarietà a una politica di liberalizzazione commerciale non più accettabile. Abbiamo contribuito a bloccare il CETA e il TTIP” conclude Bersani, “ma ci sono altre sfide come il TiSA, l’accordo di liberalizzazione sui servizi, e altri accordi come quello con la Tunisia e con il Mercosur che meritano altrettanta attenzione e mobilitazione”.

domenica 1 maggio 2016

Ttip, avanti a tappe forzate Il trattato. La campagna per il No in piazza a Roma il 7 maggio con produttori, attivisti, lavoratori dell’agricoltura e del settore pubblico (da il Manifesto

da il manifesto
Ttip, avanti a tappe forzate
*di Monica Di Sisto , 26.04.2016
Il trattato. La campagna per il No in piazza a Roma il 7 maggio con produttori, attivisti, lavoratori dell’agricoltura e del settore pubblico.
«Da un punto di vista europeo, il Trattato transatlantico Ttip è assolutamente utile per far crescere la nostra economia. È un bene per quella tedesca e per tutta l’Europa, dobbiamo far presto». Parola di Angela Merkel che, accogliendo il presidente Usa Obama ad Hannover, ha auspicato che i negoziatori europei, rinchiusi da ieri in un convention center di New York per far avanzare le trattative, «possano consegnarci un accordo ampio e ambizioso entro l’estate». Poco importa se in oltre 90mila nella città tedesca abbiano marciato contro il trattato, che minaccia di spostare dalla democrazia rappresentativa a riservati consessi di esperti di Usa e Ue, sponsorizzati dalle grandi corporation, la decisione
sulla qualità e la liberalizzazione di prodotti e servizi, ma anche sulla convenienza o meno di mantenere pezzi interi di welfare e di protezione dell’ambiente, alla sola luce dei loro costi per le aziende.
Completamente ignorato l’appello di fermare il negoziato lanciato da Barcellona il 21 e 22 aprile scorsi da qualche centinaio di quegli oltre 1.200 sindaci e presidenti di Regione in Europa che si sono dichiarati #fuorittip.
Eppure anche in Italia ormai si viaggia oltre i 50 enti locali, da Milano a Brindisi, da Livorno a Civitavecchia, da Cuneo a Tricase, alle regioni Abruzzo, Toscana, Puglia e Val D’Aosta, che hanno espresso la loro preoccupazione sostenendo la petizione «Fuori il Ttip dalla mia città», lanciata dalla Campagna stop Ttip, e ribadendola con un atto ufficiale.

Gli interessi di Usa e Ue che si confrontano in queste ore tra i grattacieli della metropoli Usa sono ancora lontanissimi. Ci sono «barriere tecniche al commercio» e «misure sanitarie e fitosanitarie» che l’opinione pubblica europea sta tenendo sotto costante osservazione, ma che i gruppi di interessi
vorrebbero cancellare.
Parliamo della sicurezza alimentare, come il bando degli Ogm per l’alimentazione umana e l’obbligo della certificazione dell’origine del bestiame. Si discute sulla protezione ambientale, sulla chimica, e anche di farmaci e cosmetici: troppi controlli, troppi certificati da produrre in Europa, e non si è ancora arrivati a definire un modello di nuovo governo di standard
comuni e non problematici per il commercio – la cosiddetta cooperazione regolatoria – proprio sotto la forte pressione di associazioni, sindacati, di alcuni parlamenti, come quello francese, e di molti enti locali.
Se l’appuntamento nella grande mela dovesse fallire, l’ultima spiaggia sarà l’incontro già fissato per la settimana dell’11 luglio a Bruxelles. In vista del Consiglio europeo del 13 maggio, dove i governi dell’Unione potrebbero decidere un’ulteriore accelerazione politica al negoziato, la Campagna Stop Ttip
italiana ha convocato per il 7 maggio prossimo a Roma una manifestazione, in solidarietà con la rete europea, con cuore a Piazza del Popolo dove produttori, lavoratori dell’agricoltura, del settore pubblico, attivisti, docenti, studenti e tutti i cittadini preoccupati della brutta fine che potremmo fare con l’approvazione del Ttip, sono invitati a scendere in piazza per parlare e per capire di più del trattato e dei suoi impatti. 
L’evento può contare sull’adesione di oltre 250 organizzazioni e sindacati: dalla Cgil all’Usb, dall’Arci alle Acli, da Slow Food a Legambiente al Movimento Consumatori, poi c’è Greenpeace, Attac e Fairwatch, Pax Christi e oltre 50 comitati locali i città piccole e grandi. C’è bisogno di un evento di piazza, probabilmente, per far crescere anche in Italia un dibattito pubblico ampio che al momento non c’è, anche perché il governo Renzi è tra i più forti supporter del trattato in Europa, nonostante il nostro Paese abbia tutto da perdere.
In vista nel lancio, per la fine della settimana, di un grande rapporto europeo sugli impatti del Ttip sull’agricoltura elaborato su 17 paesi dell’Unione, Fairwatch ha fatto un’analisi sull’agrifood del Bel Paese nel nuovo rapporto «Faq: Il Ttip fa bene all’agricoltura italiana?». Il quadro è sconfortante: se due terzi delle imprese italiane del settore esportano appena in Italia, al massimo in Europa e non hanno alcuna chance di aprire commerci con gli Usa, vedranno invece gli scaffali e i banchi dei nostri mercati riempirsi di prodotti a stelle e strisce a minore costo, e bassa qualità, con aumenti, per alcuni settori, fino al 5mila per cento di volumi di importazioni in più ogni anno. Per proteggere negli Usa una
lista di circa 40 prodotti Doc e Dop italiani, saremo costretti a far circolare anche nel nostro mercato le copie di tutti gli altri, ma anche tutti quei prodotti Usa registrati fino ad oggi con un marchio che somiglia a quelli europei più famosi, perché il Ttip non sarà retroattivo. A parte che per i formaggi e in piccola
parte per il vino, che già oggi stravince sul mercato americano senza Ttip, cereali, olio, latte, frutta, verdura, fiori, carni e salumi subirebbero una concorrenza terribile e molto dannosa sia negli Usa, sia in Europa e addirittura in Italia. Sindacati come la Flai, associazioni che proteggono il cibo di qualità come Slow Food, e centinaia di piccoli e medi produttori, come il consorzio dell’Olio della Sabina e il comparto del latte a Padova, da mesi denunciano, inascoltati, il possibile disastro. La speranza è che la piazza romana restituisca loro la voce e all’Europa la saggezza di cui avremmo bisogno.





*vicepresidente dell’osservatorio Fairwatch, tra i portavoce della Campagna Stop Italia