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*****CAMPAGNA DICO 32 - SALUTE PER TUTTE E TUTTI! - HEALTH4ALL - GIORNATA EUROPEA CONTRO LA COMMERCIALIZZAZIONE DELLA SALUTE, LA PRIVATIZZAZIONE DELLA SANITA' E DELL'ASSISTENZA SOCIALE
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domenica 14 gennaio 2018

DICO 32. SALUTE PER TUTTE E TUTTI! UNA CAMPAGNA PER IL DIRITTO ALLA SALUTE

DICO 32. SALUTE PER TUTTE E TUTTI ! UNA CAMPAGNA PER IL DIRITTO ALLA SALUTE

Milano 5 Novembre 2017
Documento finale
DICO 32. SALUTE PER TUTTE E TUTTI!
UNA CAMPAGNA PER IL DIRITTO ALLA SALUTE
Per la Costituzione italiana (Art. 32), la salute è un diritto di tutte le persone e un dovere della collettività. Sappiamo che la nostra salute dipende da tanti fattori, come l’ambiente in cui viviamo e i diritti e i servizi a cui abbiamo accesso (casa, lavoro, reddito, istruzione, sanità, spazi di socializzazione…). Sappiamo anche che la salute non è uguale per tutte e tutti, e che malattia e mortalità colpiscono maggiormente le persone appartenenti alle classi sociali più svantaggiate. I cambiamenti climatici e le minacce ambientali legate all’attuale sistema produttivo non fanno che aumentare queste disuguaglianze, e compromettono la sostenibilità nostra e del pianeta.
In questi anni di crisi economica, le politiche di austerità messe in atto dai governi di tutta Europa hanno aumentato le disuguaglianze sociali e quindi di salute: sotto i diktat europei del pareggio di bilancio sono stati attaccati i sistemi di welfare costruiti con le lotte dei lavoratori del dopo guerra, proprio quando sarebbe stato necessario investire maggiormente nella protezione sociale per tutelare la popolazione. Le risorse assegnate alla salute sono state sistematicamente ridotte, e questo ha portato a un peggioramento della qualità e dell’accessibilità dei servizi, delle condizioni di lavoro in sanità, dei risultati in salute. Ne hanno fatto le spese in particolare le donne, con il ridimensionamento dei consultori e le pesanti restrizioni in tema di interruzione volontaria della gravidanza, così come i servizi di prevenzione nei luoghi di lavoro e i servizi di salute mentale. I valori fondamentali di universalismo e solidarietà, propri del Servizio Sanitario Nazionale, sono stati sostituiti da logiche aziendali di efficienza, contenimento dei costi, tutela di interessi privati e non del bene collettivo.
Alla sistematica riduzione dell’impegno pubblico corrisponde una proliferazione di coperture sanitarie assicurative private o mutualistiche, sempre più inserite nei contratti di lavoro e agevolate da politiche statali di defiscalizzazione, e un’espansione senza precedenti dell’offerta privata di servizi. Tutto questo porta a un sistema segmentato e diseguale: da un lato un servizio sanitario pubblico “al ribasso” per i meno abbienti (o per chi non ha una sufficiente tutela contrattuale), e dall’altro una sanità privatizzata differenziata a seconda dei benefit previsti dai contratti lavorativi o per chi se la può pagare. Eppure è stato dimostrato che i sistemi sanitari pubblici sono più efficaci di quelli privati: offrono maggiori garanzie nella tutela della salute, e sono meno costosi per la collettività. Per esempio, sono gli unici a occuparsi di prevenzione e promozione della salute, ambiti che non generano profitti e quindi non sono interessanti per il mercato. Inoltre, un serio intervento sulla salute collettiva e individuale coinvolge necessariamente una serie di ambiti (lavoro, istruzione, ambiente…) che, lasciati come oggi alla gestione di privati in concorrenza tra loro, non potranno mai generare una politica della salute organica.
Vogliamo dire a chi fa profitti sulla nostra salute, e alla macchina statale che li aiuta, che noi abbiamo altri obiettivi e non ci fermeremo fino a che non li avremo raggiunti: non la mercificazione della salute, ma il suo miglioramento per tutte e tutti. Nel metterci in movimento, guardiamo a chi è già impegnato a costruire resistenza e alternative, come i movimenti delle donne, per il diritto all’abitare, per la sovranità alimentare e la difesa dei territori, contro i trattati di libero commercio; movimenti con cui vogliamo costruire alleanze strategiche che ci aiutino a fare fronte comune. Guardiamo anche all’Europa e agli altri Paesi del mondo, le cui popolazioni vivono problemi simili ai nostri e con le quali ci impegniamo in azioni di solidarietà e rete.
Proponiamo la data del 7 aprile, giornata mondiale della salute, come un momento di convergenza e mobilitazione per dire insieme che la salute è un diritto, e non è in vendita. Ma cominciamo fin da oggi a collaborare per fare di questa data una tappa di un cammino comune che ci porti non solo a bloccare la privatizzazione della salute, ma anche a progettare e costruire un servizio sanitario realmente universale e democratico, inserito in una società e in un ambiente in salute.
I NOSTRI PRINCIPI
Noi associazioni, comitati, gruppi e reti attivi nella difesa del diritto alla salute a livello locale, regionale e nazionale, riuniti a Milano il 4 e il 5 novembre 2017, ci riconosciamo nei seguenti principi:
La tutela della salute è un diritto umano fondamentale e non una fonte di profitto. I servizi sanitari devono essere perciò protetti da ogni logica di mercato.
Prevenzione e promozione della salute – a partire dalla tutela dell’ambiente – devono essere al centro in tutti gli aspetti della vita e del lavoro.
Garantire prestazioni sanitarie utili, necessarie ed efficaci, accessibili a tutte e a tutti senza vincoli di cittadinanza o residenza, è una responsabilità dei governi, che devono investire risorse adeguate.
Il finanziamento dei servizi di tutela della salute deve essere di tipo progressivo, basato sulla fiscalità generale e sul principio di redistribuzione delle risorse in base ai bisogni.
Le persone, attraverso una partecipazione democratica, devono giocare un ruolo attivo nei propri percorsi di cura e nella definizione delle politiche di salute locali, nazionali e globali. La vera malattia, infatti, è la mancanza di partecipazione.
I NOSTRI OBIETTIVI
1. Sostenere la salute, non ciò che la distrugge
Aumento almeno del 10% del Fondo Sanitario Nazionale
Abrogazione del pareggio di bilancio in costituzione e blocco delle spese distruttive come la produzione bellica e gli investimenti in opere inutili e dannose, per tornare a investire in istruzione, sanità e tutela ambientale
Rispetto degli impegni dell’accordo di Parigi sulla riduzione delle emissioni e il contrasto ai cambiamenti climatici
2. Un servizio di qualità che risponde ai bisogni
Destinazione prioritaria dei fondi aggiuntivi alla prevenzione e a servizi territoriali vicini alle persone, integrati, accessibili a tutte e tutti
Assegnazione delle risorse alle regioni e ai territori in base a indicatori di deprivazione sociale e bisogni di salute, non soltanto alla numerosità e all’anzianità della popolazione
Rinnovo dei contratti del personale sanitario con istituzione del contratto unico, superamento del precariato e assunzione di personale in relazione ai bisogni dei territori
Ritorno alla gestione diretta dei servizi esternalizzati
Abolizione dei sistemi di finanziamento basati sulle prestazioni, che pagano la malattia e non la salute
3. Piena accessibilità alle cure – Abolizione dei ticket
Garanzia di accesso alle cure efficaci: se il prezzo dei farmaci chiesto dai produttori è eccessivo, sospensione del brevetto come previsto dagli accordi internazionali
Iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale con attestazione di domicilio o effettiva dimora
Applicazione dell’accordo Stato-Regioni sull’accesso ai servizi delle persone straniere, garantendo criteri di assistenza omogenei sul territorio nazionale
4. La salute nelle mani delle persone
Obbligo di trasparenza per le aziende sanitarie, con pubblicazione di bilanci sociali, di missione ed economici
Introduzione di forme di partecipazione democratica alle decisioni in materia di politica sanitaria e gestione dei servizi a tutti i livelli, che coinvolgano sia chi utilizza i servizi che chi vi lavora
5. Nessun profitto sulla salute
Abolizione delle agevolazioni fiscali per le assicurazioni e i fondi sanitari
Superamento della gestione aziendalistica dei servizi sanitari con trasformazione delle aziende sanitarie in agenzie pubbliche con obiettivi di salute
6. Ricerca e innovazione dove servono
Finanziamento della ricerca indipendente nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale, centrata su problemi prioritari per la salute pubblica
Creazione di un’azienda pubblica per la produzione dei farmaci
Formazione adeguata e aggiornamento continuo obbligatorio del personale sanitario, indipendentemente dal rapporto di lavoro, finanziato da un fondo vincolato
SCARICA APPELLO IN FORMATO PDF: CLICK QUI

giovedì 30 marzo 2017

R.S.U.
Rappresentanza Sindacale Unitaria
Agenzia di Tutela della Salute
Città Metropolitana di Milano
Al Presidente della Giunta Regione Lombardia
All’Assessore al Welfare Regione Lombardia
Al Direttore Generale Welfare Regione Lombardia
Alla Commissione Consiliare III Regione Lombardia
Ai Gruppi Consiliari Regione Lombardia
Al Sindaco Comune di Milano
All’Assessore alle Politiche Sociali Comune di Milano
Ai Gruppi Consiliari Comune di Milano
Ai Presidenti dei Municipi Comune di Milano
Alle RSU delle ATS Regione Lombardia
ATS dell’Insubria
ATS della Brianza
ATS di Bergamo
ATS di Brescia
ATS della Val Padana
ATS di Pavia
ATS della Montagna
Alle RSU delle ASST Regione Lombardia
IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori
IRCCS Istituto Neurologico C. Besta
IRCCS Ospedale Policlinico di Milano
ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda
ASST Santi Paolo e Carlo
ASST Fatebenefratelli Sacco
ASST Centro Specialistico Ortopedico Traumatologico Gaetani Pini /CTO
ASST Ovest Milanese
ASST Rhodense
ASST Nord Milano
ASST Melegnano e della Martesana
ASST di Lodi
ASST dei Sette Laghi
ASST della Valle Olona
ASST Lariana
ASST di Lecco
ASST di Monza
ASST di Vimercate
ASST Papa Giovanni XXIII
ASST di Bergamo Ovest
ASST di Bergamo Est
ASST degli Ospedali Civili di Brescia
ASST della Franciacorta
ASST del Garda
IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia
ASST di Cremona
ASST di Mantova
ASST di Crema
ASST della Valtellina e dell’Alto Lario
ASST della Valcamonica
Alle Segreterie Regione Lombardia
CGIL
CISL
UIL
Confsal - FIALS
Alle Segreterie Regione Lombardia
CGIL Funzione Pubblica
FPS CISL – Funzione Pubblica
U.I.L. F.P.L.
Confsal - FIALS
Alle Segreterie Territoriali Città di Milano
CGIL
CISL
UIL
Confsal - FIALS
Alle Segreterie Territoriali Città di Milano
CGIL Funzione Pubblica
FPS CISL – Funzione Pubblica
U.I.L. F.P.L.
Confsal – FIALS
Alla RSA della Dirigenza
ATS Città Metropolitana di Milano
Alle Agenzie Sociali della Città di Milano
Agli Organi di Informazione
Oggetto: applicazione Riforma Sanitaria Regione Lombardia (LR 23/2015) nella città di Milano.
Il giorno 1 Aprile (ironia della sorte) anche nella città di Milano andrà a compimento la riorganizzazione del sistema sanitario pubblico prevista dalla legge regionale n. 23/2015. I servizi territoriali (Sert, Consultori Familiari, Fragilità etc.), sino ad ora gestiti dall’ATS di Milano, verranno aggregati nelle diverse neocostituite ASST cittadine, unendosi agli ospedali. Le lavoratrici ed i lavoratori coinvolti (alcune centinaia) dal 1 aprile cambieranno azienda, contratto, forse retribuzione, certamente organizzazione del lavoro (e forse alcune abitudini della propria vita).
Analogamente chi resterà in ATS potrebbe vedere decurtato il proprio stipendio e cambiata la propria vita a causa dell’organizzazione che ATS si sta dando, accentrando pressoché tutta la propria attività nelle sedi cittadine (ricordiamo che ATS Milano comprende tutta le ex A.S.L. della provincia di Milano e quella di Lodi,) e obbligando, di fatto, il personale ad una mobilità forzata con distanze a volte considerevoli A questi problemi se ne aggiunge un altro, certamente altrettanto rilevante: dopo anni di tagli delle risorse, di chiusura di sedi, di accorpamenti, di mancanza di personale, quale sarà il destino dei servizi territoriali della città, che rischiano di essere fagocitati dalle più mastodontiche organizzazioni ospedaliere, a loro volta sempre più in difficoltà???
Si tratta di una riorganizzazione voluta da Regione Lombardia per fini meramente politici, senza alcuna attenzione ai processi ed alle conseguenze che questi processi possono determinare sulla qualità dell’assistenza sanitaria e socio sanitaria della popolazione lombarda. La situazione milanese è particolarmente confusa, mancando pressoché totalmente di piani e percorsi di accompagnamento mirato alla trasformazione in corso. Il dubbio che si tratti di un ennesimo attacco al sistema sanitario pubblico continua ad essere forte.
Su questi temi nella ATS della città di Milano da oltre un anno è in corso un confronto con la Direzione che, purtroppo, registra un nulla di fatto, nonostante numerose e ripetute proposte da parte sindacale.
A fronte della chiusura della Direzione Aziendale e del disinteresse di Regione Lombardia, la RSU e le organizzazioni sindacali, con l’appoggio delle assemblee del personale ATS, hanno proclamato lo stato di agitazione per raggiungere questi obiettivi:
· mantenimento del trattamento economico maturato sia per chi resta in ATS sia per chi va in ASST;
· mantenimento della rete territoriale dei servizi esistente (niente chiusure, niente accorpamenti);
· mantenimento dell’assegnazione ai servizi del personale proveniente da ATS, da non utilizzarsi per
coprire carenze ospedaliere;
· predisposizione di un piano organizzativo urgente per garantire la presenza di uffici amministrativi
decentrati sul territorio.
Per questi motivi la RSU dell’ATS ha proclamato lo stato di agitazione del personale che continuerà sino al raggiungimento degli obiettivi fissati.
Per questi motivi ogni giorno (da lunedì a venerdì) dalle 16.00 alle 18.30, in Piazza S. Eufemia, a Milano, presso la sede principale di ATS Milano (o presso sedi ATS che verranno scelte giorno per giorno), si tiene un presidio delle lavoratrici e dei lavoratori dell’ATS di Milano.
Invitiamo tutte le istituzioni, le organizzazioni, le persone a cui rivolgiamo questo appello affinché vengano ad incontrarci al nostro presidio o ci facciano pervenire messaggi di solidarietà e di condivisione del significato della nostra lotta.
Per informazioni e contatti: Antonio Sabatini (Coordinatore RSU ATS Milano) – tel. 02/85782505 email: asabatini@ats-milano.it

la RSU dell’A.T.S.
Città Metropolitana di Milano
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mercoledì 11 gennaio 2017

IN MEZZO MILIONE SENZA IL MEDICO DI BASE (da Inchieste - La Repubblica)

IN MEZZO MILIONE SENZA IL MEDICO DI BASE


Italiani privi di domicilio o che vivono in case occupate, figli di immigrati irregolari che frequentano le nostre scuole, lavoratori comunitari con permesso di soggiorno scaduto: circa 500mila persone non hanno una regolare iscrizione al Servizio sanitario nazionale. Tra queste una larga parte sono bambini a cui viene negato l'accesso alle cure riconosciuto dalla Costituzione e dalla convenzione Onu per i Diritti del Fanciullo. Una situazione che il decreto Lupi per contrastare le occupazioni abusive, mettendo la residenza al centro di tutte le procedure burocratiche, ha reso ancor più drammatica. E costosa per i conti pubblici
Cure impossibili per chi non ha una residenza
Le tutele per gli stranieri secondo la legge
Troppi bambini lasciati senza pediatra
Cure impossibili per chi non ha una residenza
di ALICE GUSSONI
ROMA – Niente medico di famiglia, nessuna possibilità di farsi prescrivere un farmaco, incapaci di ottenere un semplice certificato che permetta a vostro figlio di tornare in classe dopo una banale influenza, costretti persino a rinviare la vaccinazione di un neonato. Un incubo vissuto in Italia da mezzo milione di persone, a prescindere dal reddito. Certo, un nesso con i soldi c'è e un benestante difficilmente si troverà in un guaio del genere, ma il vero discrimine non è la busta paga, bensì un buco nero della burocrazia in cui rischia di cadere, ad esempio, uno sfrattato. A decidere del nostro diritto ad essere seguiti da un dottore anche per l'ordinaria amministrazione è la residenza. Senza residenza, niente dottore. Questo dice la legge: chi non ha una casa dove abitare e non può fornire neppure un indirizzo di comodo, pratica che molte amministrazioni comunali in passato hanno adottato per venire in contro alle categorie più disagiate, non può iscriversi ad una Asl e scegliere il medico di base a cui rivolgersi. Il decreto contro l’abusivismo abitativo che porta il nome dell'ex ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi fa infatti della possibilità di dimostrare un indirizzo di residenza il discrimine fra chi ha diritto a un medico e chi no, fra chi può farsi prescrivere un farmaco pagando solo il ticket e chi invece per farlo deve andare al pronto soccorso o pagare un medico privato. Una sciagura, quindi, non solo per chi è colpito direttamente dalla mancanza di una casa, ma anche per l'intero Sistema sanitario nazionale visto che questo esercito di "senza medico di famiglia" si riversa per ogni evenienza sui già congestionati pronto soccorso.
Parlare di esercito non è una forzatura. In Italia le persone che si trovano in questa condizione, in base ai dati elaborati dalle organizzazioni che si occupano o rappresentano le principali categorie coinvolte, come detto sono oltre mezzo milione: circa 60mila sono i senza fissa dimora e circa 100mila gli abitanti delle occupazioni abusive (una parte dei quali risulta però ancora registrata alla vecchia residenza) a cui bisogna aggiungere oltre 300mila comunitari (soprattutto rumeni) rimasti in Italia malgrado il permesso di lavoro scaduto.
Dietro alle grandi cifre asettiche ci sono però le persone in carne ed ossa, con le loro storie spesso drammatiche. Graziano, italiano di 55 anni, cardiopatico, ad esempio è finito in strada per colpa dei debiti e l'unico modo che ha per curarsi è andare al pronto soccorso.
Angelo di anni invece ne ha appena 5. E' nato a Venezia, ma da genitori stranieri. Per questo non ha un pediatra della Asl e deve farsi visitare presso l'ambulatorio di Emergency di Porto Marghera perché sua madre non ha un contratto in regola, il lascia passare per ottenere la tessera sanitaria. Paradossalmente però Angelo può frequentare le scuole secondo il principio della non esclusione. Istruito, certo, sperando che non si ammali. Oppure Florin, rumeno, 35 anni: da 15 vive e lavora in Italia senza contratto, soffre di diabete ma non ha nessuno che gli faccia le impegnative per l'insulina. O ancora Irina, moldava ventiduenne che ha partorito da poco ma vive in una casa occupata e quindi ha dovuto pagare fino all'ultimo centesimo per ogni analisi, per ogni ecografia, mentre per fare avere un pediatra che si occupi di suo figlio Alessio ha dovuto iscriverlo al suo vecchio indirizzo. L'ultima spiaggia è il pronto soccorso. Uomini, donne, bambini, gestanti e malati cronici, italiani e stranieri: la legge infatti non ammette deroghe, o quasi. Per le cure urgenti rimane sempre il pronto soccorso: un takeaway della salute a cui ci si rivolge nell'85% dei casi per ricevere cure "non essenziali". Ma per molti è l'ultima spiaggia. Il servizio sanitario nel tentativo di ridurre le spese ha eretto una giungla normativa e burocratica, esasperata dal federalismo sanitario, creando differenze abissali fra regione e regione. Si è stimato che il costo di un intervento medio in pronto soccorso si aggira sui 250 euro, con punte di 400 euro e un minimo di 150 euro. Una cifra che fa paura se moltiplicata per i grandi numeri che oggi le grandi aziende ospedaliere registrano. Solo al pronto soccorso del San Camillo di Roma gli accessi medi giornalieri sono 279, di cui appena 4 in codice rosso e 41 in codice giallo. Tutti insieme generano una spesa di quasi 70mila euro al giorno, oltre 25 milioni l'anno.

Il costo di un medico di base per ogni paziente è invece di 44 euro l'anno. Pier Luigi Bartoletti, vicesegretario nazionale della Fimmg, la Federazione medici di famiglia, spiega: "Per noi la burocrazia sanitaria è come un rompicapo, ogni caso ha una sua contabilità: italiani, stranieri con codice Stp (Straniero temporaneamente presente, ndr), comunitari irregolari. I codici rilasciati per le prestazioni a chi non ha la tessera durano 6 o 12 mesi al massimo e quindi le liste vanno rinnovate in continuazione. La maggior parte degli stranieri poi non sa neanche come fare perché il sistema è molto complicato". Non tutte le regioni infatti hanno adottato la stessa procedura e nella maggior parte dei casi i neo comunitari, per via di accordi europei tra Stati membri, hanno accesso alla sanità pubblica solo a pagamento.
L'alternativa è tornare al proprio paese, anche se per molti di loro, che vivono e lavorano qua da decenni, è quasi impossibile.
Le conseguenze del decreto Lupi. Paradossalmente va meglio per gli extra comunitari, a cui invece sono stati dedicati degli ambulatori nelle Asl, anche se non mancano i casi limite, come quello che racconta il dottor Bartoletti: "Ho avuto in cura un paziente bengalese a cui era stata diagnosticata una tubercolosi cerebrale, altamente infettiva. Per fare una risonanza alla testa tramite Asl gli erano stati chiesti 200 euro e quindi non aveva fatto più nessun controllo. Quando ho capito cosa era successo sono diventato verde: abbiamo proceduto d'urgenza tramite una mia personale richiesta presso un centro specialistico, ma è stato solo un puro caso che io abbia potuto leggere la sua cartella clinica". Bartoletti è convinto che seppure i problemi non siano mai mancati, il giro di vite sulla questione della residenza li ha sicuramente esasperati: "Spesso dice tutto dipende dall'impiegato della Asl: esiste quello più accomodante e quello più intransigente.
La vera follia però è nel pensare di accogliere tutti senza garantire un reale percorso per la salute". Una strada alternativa per avere un medico passa tramite i servizi sociali, ma spesso è lunga e tortuosa e non sempre arriva al traguardo. In particolare sono gli italiani a farne richiesta, ma anche per loro molto spesso sorgono difficoltà. In tanti, per esempio, temono che il ricorso agli assistenti sociali possa danneggiare i propri figli perché rischiano di essere allontanati dalle famiglie."Chi abita in una casa occupata non è un cattivo genitore", racconta Giulia, madre di due bambini di 9 e 11 anni che vivono con lei in via Prenestina, nel cosiddetto "4 stelle" di Roma, un ex hotel occupato. "Spesso però ci fanno sentire come se avessimo commesso chissà quale crimine. Quando perdi la residenza è come entrare in un girone infernale e gli assistenti sociali invece di aiutarti minacciano in continuazione di fare dei controlli per vedere se ci sono violenze o chissà cosa. Tutto questo perché hai chiesto di avere un pediatra o l'esenzione per reddito. L'alternativa è iscrivere i figli all'indirizzo dove si risiedeva prima, sperando di non essere ancora stati cancellati dall'elenco". Un trucco a cui si ricorre con la complicità degli impiegati o dei medici, perché a volte anche il muro burocratico cede davanti a questi casi disperati.
Diritti negati. Quali che siano cause o motivazioni, l'elemento comune a tutti è la negazione del diritto alla salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione. A fare da tampone rimane il volontariato a cui lo Stato demanda con sempre maggiore frequenza un compito che in teoria dovrebbe assolvere da solo. Secondo i dati forniti dal Banco Farmaceutico, in Italia sono 1670 le associazioni, enti e ambulatori a esso affiliati che forniscono prestazioni mediche. Il loro lavoro è rivolto ad una platea di oltre 400mila persone. "Il ricorso al volontariato è come un dito che cerca di tappare una falla enorme che rischia di travolgere tutti", denuncia Lucia Ercoli di Medicina Solidale. "Noi a
Roma avevamo un accordo con il policlinico di Tor Vergata. Due anni fa ricorda
la dottoressa non è stato più rinnovato e ora non possiamo prescrivere medicinali né programmare parti cesarei o analisi di routine. Le persone che arrivano qui hanno malanni apparentemente semplici da curare, come ipertensione o dermatiti, le malattie della povertà, che se trascurate portano però a patologie gravi".
L'ambulatorio di Medicina Solidale si trova nel cuore di Tor Bella Monaca, a Roma. Un posto di frontiera dove la miseria non è l'unico problema: "Spesso i pazienti arrivano da noi in macchina continua la dottoressa Ercoli e hanno anche un lavoro, ma tutto questo non basta per integrarli nel sistema sanitario, devono avere i documenti a posto". Chi non lavora in regola non può avere un contratto di affitto registrato, così quando salta un anello tutta la catena si smonta fino al rischio di clandestinità per gli stranieri, che senza residenza non possono rinnovare il permesso di soggiorno.

Le tutele per gli stranieri secondo la legge
Gli immigrati regolarmente residenti in Italia hanno diritto all'iscrizione al Sistema sanitario nazionale e contribuiscono, al pari degli italiani, al finanziamento del Ssn attraverso la fiscalità generale.
Per gli immigrati extracomunitari non in regola con il permesso di soggiorno ai quali deve essere garantita l'assistenza essenziale, la spesa sostenuta per le prestazioni relative a malattia ed infortuni sono recuperate dai paesi di provenienza, rimanendo a carico delle
Regioni e del Ssn le prestazioni relative all'area maternoinfantile e alla prevenzione; per queste ultime le Regioni e le Province Autonome ricevono un parziale finanziamento annuale dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe).
Per gli immigrati provenienti dai paesi Ue e non residenti in Italia il recupero della spesa avviene attraverso la mobilità internazionale, rimanendo, per il momento, a carico delle Regioni e delle pubbliche amministrazioni le prestazioni essenziali erogate a favore degli
"indigenti", parificati nel trattamento agli extracomunitari indigenti.
(da Accordo Stato – Regioni (Rep. Atti n. 255/CSR) “Indicazioni per la corretta applicazione della normativa per l'assistenza sanitaria alla popolazione straniera da parte delle Regioni e Province autonome”, G.U. n. 32 del 7 febbraio 2013 , suppl. ord. 9)

Troppi bambini lasciati senza pediatra
di ALICE GUSSONI
ROMA. I primi a fare le spese del cortocircuito tra burocrazia e diritto alla salute sono i bambini, a cominciare dai figli degli stranieri irregolari. Per loro a venir meno, nonostante le indicazioni del ministero della Salute, è anche la garanzia basilare dei vaccini. "Non sono poche le mamme che riferiscono di aver avuto dei problemi per vaccinare i loro bambini", racconta suor Anna Maria dell'Opera San Francesco di Milano "Noi cerchiamo di fornire indicazioni in proposito e ormai abbiamo delle Asl di fiducia, da poco diventate Asst, Aziende socio sanitarie territoriali, dove indirizziamo le persone, perché non tutti gli ambulatori garantiscono le stesse prestazioni". A Milano, eletta capitale del volontariato con quasi 150mila operatori sul campo, malgrado la capacità di intervento che queste possono garantire a fronte di una situazione drammatica, c'è chi mette in discussione l'opportunità di fornire anche alle associazioni onlus il ricettario rosa con cui dispensare cure all'esercito dei senza dottore.
Costi pagati dalle associazioni. Posti come l'Opera San Francesco, ad esempio, sono diventati punti di riferimento per il Servizio sanitario nazionale (Ssn). "Qui viene chi non può accedere ai servizi della Asl spiega ancora suor Anna Maria Forniamo oltre 33mila
prestazioni l'anno a migliaia di pazienti e fra questi i bambini sono quasi 400. Nella maggior parte dei casi arrivano per visite pediatriche di routine". Ovviamente a farsi carico dei costi di questo sistema sanitario parallelo sono le associazioni. Ma quello che apparentemente sembra un risparmio per la sanità pubblica, in realtà si rivela un sovrapprezzo. Da uno studio eseguito per conto del "Centro nazionale per il controllo e la prevenzione delle malattie" e finanziato dal ministero dell'Economia, si scopre che il costo dei piccoli pazienti finisce infatti per ricadere sui bilanci degli ospedali pubblici dove, come si legge nel documento, "i dati relativi agli immigrati irregolari nella classe di età pediatrica (014 anni) presentano ricoveri con valore tariffario e peso medio superiore a quelli degli immigrati regolarmente residenti e suggeriscono la necessità di una presa in carico dei bambini da parte del pediatra di base onde evitare che arrivino in ospedale in condizioni di maggiore gravità con conseguenze e sulla salute e sui costi".
Una conclusione a cui si aggiungono le indicazioni dell'accordo StatoRegioni del 20 dicembre 2012 per l'assistenza sanitaria alla popolazione straniera da parte delle Regioni e delle Province autonome. L'intesa prevede l'iscrizione al Ssn e quindi il pediatra di libera scelta anche per i bambini figli di "irregolari". Nella realtà l'obiettivo è rimasto disatteso ed è persino possibile stilare una classifica delle sanità regionali in base al loro grado di incapacità di garantire persino l'assistenza sanitaria di base ai figli dei comunitari indigenti senza permesso di soggiorno. Una situazione in conflitto non solo con gli auspici della Conferenza Stato Regioni, ma anche della convenzione Onu per i Diritti del Fanciullo che sancisce a livello internazionale la tutela della salute di tutti i minori.
Una causa contro la Regione Lombardia. Per porre fine a questa violazione, nel 2014, il Naga, associazione di volontariato storica nell'area milanese, ha fatto causa alla Regione Lombardia tramite il Tribunale amministrativo regionale, ottenendo la stesura di un piano di assistenza medica per i minori esclusi. Vittoria di Pirro però, perché la situazione anche all'indomani della sentenza non è cambiata un granché. Lo spiega Pierfrancesco Olivani, direttore sanitario del Naga: "Nonostante le indicazioni dell'Accordo stipulato nel 2012, in quasi tutte le regioni italiane l'accesso alle cure in mancanza dei requisiti previsti è garantito solo per i minori di 14 anni e spesso ai soli extracomunitari. Gli impiegati delle Asl hanno indicazioni vaghe in proposito, quindi spesso si lascia alla libera iniziativa la soluzione del problema dei documenti, soprattutto per quanto riguarda italiani e comunitari non in regola. A volte si può avere fortuna, a volte invece si rischia di escludere anche chi avrebbe diritto a un minimo di copertura". I funzionari del Comune di Milano interpellati in proposito sottolineano però che "una legge nazionale non esiste, quindi in seguito alla sentenza del Tar abbiamo messo in atto una sperimentazione triennale, in scadenza alla fine del 2016. Il futuro? Al momento non abbiamo nessuna indicazione".
Nel Lazio la situazione non è molto diversa e il numero di bambini in cura in strutture come l'Istituto nazionale migrazione e povertà paura: quasi 2.300, di cui il 45% sotto i 12 anni, la metà dei quali figli di stranieri senza documenti in regola. "Qui possono ottenere visi gratuite e senza impegnative, ma restano comunque esclusi dalla sanità pubblica", commenta il dottor Antonio Fortino, direttore sanitario dell'Inmp. "Il sistema sottolinea non è più permeabile come prima, anche per la rinnovata attenzione alla questione della residenza, e oggi possono passare anni prima di riuscire a integrarli".
Discontinuità nelle cure. L'accordo Stato Regioni rimane per ora il punto di riferimento legislativo, ma il suo recepimento stenta a diventare operativo. La realtà sul territorio nazionale fotografata dalla Simm, la Società italiana di medicina delle migrazioni, mostra una disomogeneità totale. Secondo il presidente Salvatore Geraci l'aumento del flusso migratorio e la crescente crisi economica del sistema sanitario hanno creato il caos. "Noi accogliamo oltre tremila pazienti qui alla Caritas di Roma e di questi il 7% sono bambini in età scolare", dice Geraci, che ricopre anche il ruolo di direttore sanitario al centro di via Giolitti. "Tutti aggiunge hanno diritto ad essere seguiti anche se non possono avere un pediatra di libera scelta. Questa mancanza crea discontinuità nelle cure e a lungo possono insorgere patologie altrimenti facilmente risolvibili".
La soluzione che è stata adottata in molti casi è l'accesso spot a una lista di pediatri, ma la trafila burocratica scoraggia la maggior parte dei genitori. "Il regolamento vuole che si faccia richiesta di un codice presso la Asl continua Geraci e che con questo si chieda di
accedere a una lista di pediatri. Bisogna quindi prenotare un appuntamento e infine si fa la visita. In molti casi però si tratta di genitori che lavorano, magari in nero, a cui serve banalmente un certificato di rientro a scuola per il figlio o un semplice antibiotico. Tutta questa trafila complica situazioni semplici. Inoltre, dopo la chiusura delle iscrizioni in via Modesta Valenti, l'indirizzo fittizio creato appositamente dal Campidoglio per venire incontro a questo tipo di difficoltà, le residenze virtuali vengono assegnate presso le associazioni di volontariato, che per lo più si trovano nel I Municipio. Questo ha creato un ulteriore aggravio per le Asl del territorio, creando liste di attesa abnormi".

http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/repit/2016/10/31/news/l_esercito_dei_senza_medico150189515/?ref=HREC118&refresh_ce

giovedì 3 marzo 2016

"Nessun confronto con il Governo". I medici confermano lo sciopero del 17 e 18 marzo, che si preannuncia senza precedenti (da controlacrisi.org)

"Nessun confronto con il Governo". I medici confermano lo sciopero del 17 e 18 marzo, che si preannuncia senza precedenti



Sono state attivate oggi le procedure ufficiali che porteranno allo sciopero nazionale dei medici dipendenti, dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta, degli specialisti ambulatoriali, dei dirigenti sanitari del Ssn dalle ore 00.00 del 17 marzo alle ore 24.00 del 18 marzo.
"In assenza di un confronto e di una intesa programmatica con il Governo, continua, come preannunciato, la mobilitazione di tutti i medici, a prescindere dallo stato giuridico, e dei dirigenti sanitari, per il rilancio della sanità pubblica a garanzia dell'accesso alle cure dei cittadini e per la valorizzazione del loro ruolo e del loro lavoro. Contro l’invadenza pervasiva della burocrazia ed il disinteresse della Politica e della azione di Governo, intendiamo ricostruire insieme ai cittadini, come testimoniato nella grande manifestazione svoltasi il 20 febbraio a Napoli, un sistema sanitario oggi a pezzi",come si legge in un comunicato di Anaao-Assomed.
La sanità si ferma, così, per la prima volta nell’ultimo decennio, per 48 ore consecutive, garantendo i servizi di urgenza ed emergenza.
Nei prossimi giorni le diciotto sigle che hanno indetto la protesta daranno il via a 100 assemblee in 100 città per sensibilizzare i cittadini e mobilitare i medici, che si atterranno rigorosamente al rispetto del debito orario contrattuale.
http://www.controlacrisi.org/notizia/Welfare/2016/3/1/46830-nessun-confronto-con-il-governo-i-medici-confermano-lo/

venerdì 16 gennaio 2015

A MILANO IL 20 e IL 27 GENNAIO DUE INIZIATIVE DELLA RETE PER LA SALUTE di MILANO e LOMBARDIA


DUE INIZIATIVE DELLA RETE PER LA SALUTE DA PRENDERE IN CONSIDERAZIONE

  1. IL GIORNO 20 ALLE ORE 17 PRESSO LA RETE PER IL DIRITTO ALLA SALUTE CON SEDE PROVVISORIA PRESSO LA SEDE SINDACALE DELLA STAZIONE CENTRALE DI MILANO – BINARIO 21 SCALA E QUARTO PIANO- SI FARA’ UN INCONTRO PER ORGANIZZARE UN NUOVO CORSO SULLA SALUTE PER IL 2015.
DAL CORSO PRECEDENTE E’ USCITO UN NUMERO DELLA RIVISTA MEDICINA DEMOCRATICA MOLTO RICCO E IMPORTANTE PER SPIEGARE I NODI FONDAMENTALI DELLA ORGANIZZAZIONE SANITARIA DI OGGI, CRITICARE LA SUA DERIVA VERSO IL PRIVATO E PROPORRE ADEGUATE DIFESE E  E UN’ALTERNATIVA POSSIBILE.
L’IDEA DEL CORSO PER I PROSSIMI MESI – DA DISCUTERE ALL’INCONTRO DEL 20 – E’ QUELLA DI APPROFONDIRE IL SENSO DELLE MISURE “NUOVE” (MA SONO PROPRIO COSì?) CHE STA PRENDENDO LA GIUNTA REGIONALE LOMBARDA. CERCARE DI CAPIRNE I CONTENUTI, VERIFICARE SE NON SIANO NECESSARIE INIZIATIVE DI CONTESTAZIONE, COMUNQUE DI MODIFICA DELLE SITUAZIONI PRATICHE CHE I CITTADINI SI TROVANO OGNI GIORNO DAVANTI. SI TRATTERANNO QUINDI ALCUNI PROBLEMI CERCANDO DI SPIEGARE CHE COSA FARE PER DIFENDERSI.

  1. IL GIORNO 27 ALLE ORE 17 PRESSO L’ISTITUTO DI BIOMETRIA E STATISTICA MEDICA DELL’UNIVERSITA’ DI MILANO CON SEDE IN VIA VANZATI 5,    VERRA’ PRESENTATO IL LIBRO:
“ FALSI DI STAMPA” DI ALBERTO GAINO (EDIZIONI GRUPPO ABELE) CHE TRATTA 3 TEMI: L’ ETERNIT,
TELECOM SERBIA, LA STAMINA. Alberto Gaino è un giornalista giudiziario già de la Stampa che spiega come si può ingannare tramite la Stampa e come in questo modo si cambiano le carte in tavola.
SI PARLERA’ SOPRATTUTTO DEL PRIMO E DEL TERZO TEMA. VI E’ STATO RECENTEMENTE IL GIUDIZIO DELLA CORTE DI CASSAZIONE: ”ANNULLATO SENZA RINVIO PER PRESCRIZIONE”. 
ORA, AL TRIBUNALE DI TORINO E’ IN CORSO IL PROCESSO CONTRO VANNONI E ALTRI PER TRUFFA E ASSOCIAZIONE A DELINQUERE.
IL LIBRO VERRA’ PRESENTATO DALL’AUTORE, DAL PRESIDENTE DI MEDICINA DEMOCRATICA PIERGIORGIO DUCA, DALL’AVVOCATO SERGIO BONETTO DEL FORO DI TORINO, DA UN MEDICO DEGLI SPEDALI CIVILI DI BRESCIA E DA QUANTI ALTRI VORRANNO INTERVENIRE
(Via Vanzetti si raggiunge dalla stazione centrale con la linea MM 2 scendendo alla fermata di Lambrate e da li (Piazza Bottini) immettendosi sulla via Valvassori Peroni fino alla fine della via (400
m.) girando a destra ed entrando nel primo portone a destra, quindi nel cortile si intravede di fronte  l’aula didattica dove si svolgerà la presentazione).

Per ulteriori informazioni: Fulvio Aurora (3392516050)
Milano, 15 gennaio 2015

martedì 6 gennaio 2015

ISTITUTO NAZIONALE DEI TUMORI MILANO: PERICOLO CHIUSURA ANCHE DEL REPARTO DI GINECOLOGIA. Lo denunciano USB e NURSIND

ISTITUTO NAZIONALE DEI TUMORI MILANO: PERICOLO CHIUSURA ANCHE DEL REPARTO DI GINECOLOGIA


Milano – lunedì, 29 dicembre 2014
Lo denunciano USB e NURSIND: il reparto di Ginecologia dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano è in pericolo chiusura. Sono i numeri che lo confermano: negli ultimi 36 mesi hanno se ne sono andati 18 medici, altri 4-5 se ne andranno tra poco; negli ultimi due anni il tasso di occupazione/anno dei posti letto è stato del 50 per cento, quello della sala operatoria di 2,2 interventi al giorno nel periodo settembre-dicembre. Se continua così, dopo il reparto di Radioterapia, anche Ginecologia è a rischio chiusura. Si conferma quello che USB e NURSIND hanno denunciato da tempo: l’Istituto dei tumori è in via di smantellamento. Un fatto gravissimo non solo per chi ci lavora ma anche e per quei pazienti che ripongono in questo ospedale fiducia e speranza. Tutto questo tra silenzi e complicità di primari, direzione sanitaria, direzione scientifica.
la denuncia inviata oggi da USB e NURSIND a responsabili dell’Istituto, ad autorità competenti regionali, ai lavoratori:
okAllarme_Ginecologia_1__1_.pdf okAllarme Ginecologia 1 1 ( 304 K, pdf, 29.12.14)

http://lombardia.usb.it/index.php?id=85&tx_ttnews[tt_news]=80431&cHash=645a562491&MP=73-255


domenica 14 dicembre 2014

incontro di Milano del 10 dicembre : costituita la Rete per il Diritto alla Salute di Milano e Lombardia

MOZIONE

 L’Assemblea di operatori/trici e rappresentanti di associazioni, movimenti e comitati che operano nella Regione sui temi della salute e della sanità, riunita il 10 dicembre 2014, ha discusso e approfondito il documento: “Per la difesa e affermazione del diritto alla salute”, considerando come in questa fase il Servizio Sanitario Nazionale sia gravemente compromesso e debba essere difeso con determinazione nei suoi valori fondamentali.

E ha deciso quanto segue:
a)    di costituire la Rete PER IL DIRITTO ALLA SALUTE di Milano e Lombardia;
b)   di adottare il documento “Per la difesa e affermazione del diritto alla salute” come base per una discussione programmatica che possa proporre vere alternative funzionali per una Sanità orientata alla prevenzione e liberata dal profitto;
c)    di adottare i 12 punti finali di quel documento come base operativa per il prossimo periodo attribuendo particolare attenzione alla salute della donna (difesa della 194 e contro la legge 40); alla eliminazione dell’amianto; alla richiesta al sindaco di ogni comune del “referto epidemiologico” (cioè la stato di salute e malattia della popolazione del comune); alla condizione degli anziani cronici e disabili;  allo  stato critico delle strutture ospedaliere di cui il San Carlo di Milano rappresenta un esempio di particolare gravità;
d)   alle indicazioni che ne derivano,   la Rete   ispirerà le proprie azioni, fatte salve le iniziative specifiche che ciascuno dei suoi componenti singoli o adotterà in relazione al proprio particolare ambito di intervento e alle quali la Rete porterà il contributo di una solidarietà comune..
        Decide inoltre:
e)    di rivolgere un appello unitario ad altri comitati e soggetti, compresi quelli dei cittadini utenti, per trovare forme di iniziativa e di discussione comuni;
f)     di dar vita a uno strumento informatico di collegamento e di discussione;
g)    di darsi un momento stabile di discussione -orientativamente mensile- che si terrà nella sede sindacale alla Stazione Centrale di Milano.
Milano 10 dicembre 2014