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sabato 6 febbraio 2016

Il petrolio e la crisi prossima ventura, una interessante intervista al prof.Giuseppe Sacco,Ordinario di Relazioni e Sistemi economici Internazionali (da pennabiro,it)

da http://www.pennabiro.it/
Il petrolio e la crisi prossima ventura



Ci è pervenuta una interessante intervista al prof.Giuseppe Sacco*,Ordinario di Relazioni e Sistemi economici Internazionali,sul tema del petrolio,in particolare sui motivi che stanno alla base della fortissima discesa del costo del barile.L’intervista si trova sul sito “Critique of the new century”.


Giambattista Pepi intervista Giuseppe Sacco


 – Le quotazioni del petrolio sono in caduta libera. Per la prima volta dal 2004, ha rotto la soglia psicologica dei 30 dollari. Perché declina? 
Giuseppe Sacco – Il prezzo del petrolio scende per un forte calo della domanda, dovuto soprattutto al rallentamento dell’economia cinese.
Nel 2006-08, alla crisi della domanda Usa, che aveva creato milioni di disoccupati in Cina, Pechino aveva reagito, per creare occupazione, spostando il ruolo di motore dell’economia dal settore manifatturiero orientato alle esportazioni a quello dei lavori pubblici, grande divoratore di cemento e di acciaio, per cui si richiedono enormi quantità di energia. Anni di crescita che hanno sostenuto la domanda mondiale ed i prezzi di tutte le materie prime. Oggi, la fine di questa fase – dato che l’utilità di questi investimenti è andata via via decrescendo – le spinge invece al ribasso, in primis il petrolio. Anche perché l’Arabia Saudita e gli altri produttori non hanno in alcuna modo ridotto l’offerta.
Q – Secondo le banche d’affari Morgan Stanley, Goldman Sachs e Citigroup, i prezzi potrebbero andare a 20 dollari, anche a causa del dollaro più forte e dell’offerta di shale gas, shale oil e alle estrazioni da acque profonde.
Giuseppe Sacco – E’ possibile. Con le nuove fonti di idrocarburi, i soli USA hanno quasi all’improvviso aggiunto alla produzione l’equivalente di un milione di barili di petrolio al giorno, e sono diventati esportatori. Basta pensare che nei giorni scorsi, in Louisiana, è entrato in funzione un impianto che inizialmente era stato previsto per la ri-gassificazione di gas liquefatto importato. Solo che, a metà della costruzione, si è dovuta cambiarne la destinazione facendone un impianto di liquefazione per l’esportazione.
Naturalmente, basterebbe che i Sauditi riducessero la loro produzione da 10 a 8 milioni di barili al giorno per avere benefici effetti sulle quotazioni. Ma non lo fanno, perché vogliono colpire da un lato l’industria dell shale gas proprio nel momento più delicato del suo sviluppo, e dall’altro la Russia. Non solo perché schierata sul fronte opposto nella guerra mediorientale, ma anche per mere ragioni di concorrenza. La Russia è l’unico Paese che allo stato attuale può estrarre più del regno Saudita, ad un costo di produzione, però, molto più caro. A prezzi molto bassi, il danno è per Mosca molto, ma molto, più grave che non quello subìto da Riyadh.
E non è tutto. I prezzi bassi possono far subire al petrolio russo anche un danno a lungo termine, e in parte irreversibile. I pozzi della Russia sono quasi tutti zone dove il sottosuolo è gelato in permanenza. Il petrolio fluisce comunque, perché esce caldo dalle profondità. Ma se il flusso si interrompe, gli impianti possono venire danneggiati. Mosca perciò deve continuare ad estrarre anche a prezzi stracciati, e già in passato è stato costretta a creare in superficie delle vere proprie discariche di greggio.
Oltretutto, a rendere verosimile l’ipotesi che il prezzo possa ancora scendere, c’è il fatto che, con una produzione mondiale che supera i consumi di circa due milioni di barili il giorno, non si sa più dove stoccare il petrolio in eccesso. E molte petroliere – rimaste inutilizzate per il calo dei traffici e parcheggiate in luoghi come i fiordi della Norvegia – vengono usate come serbatoi galleggianti.
Q – Quali sono le conseguenze per l’economia mondiale dall’erosione dei prezzi del petrolio? Potrebbe essere il petrolio a fare da innesco ad una crisi economica internazionale?
Giuseppe Sacco – In teoria, la caduta del prezzo del petrolio dovrebbe essere un fattore di crescita delle economie avanzate industriali, se portasse a prezzi più bassi per benzina ed elettricità. In pratica, quota 30 dollari è il segno di una crisi che è già in atto, e simile a quella del 2008.
Allora la crisi nasceva dal trasferimento verso paesi a basso costo del lavoro di moltissime attività manifatturiere, i cui prodotti venivano ri-esportati verso quegli stessi paesi dove questo trasferimento aveva distrutto milioni di posti di lavoro ben pagati. E’ vero che i bassi salari dei “nuovi operai” hanno garantito molti anni di crescita senza inflazione, ma hanno anche creato uno squilibrio che col passare del tempo si è rivelato insostenibile. Come potevano le famiglie dei “vecchi operai”, di quegli stessi che avevano perso il lavoro continuare a comprare i prodotti cinesi? Lo hanno fatto indebitandosi fino al punto da non poter più onorare le loro carte di credito e i mutui delle loro case, tanto da gettare le banche in una crisi così grave da minacciare il sistema finanziario globale.
Oggi il problema si ripropone, solo che a minacciare l’equilibrio sono le banche che hanno finanziato investimenti le cui prospettive apparivano eccellenti quando il petrolio era sopra i cento dollari. E ad esse si uniscono le banche cinesi che hanno finanziato le colossali opere pubbliche decise da Pechino per evitare la disoccupazione di massa.
Q – Quindi, allo stato attuale dei prezzi del petrolio, ci sono squilibri economici nei paesi produttori e ciò può ripercuotersi sulla crescita mondiale?
Giuseppe Sacco – Indubbiamente! E ad essere messi in crisi non sono solo i paesi produttori ex- “emergenti”. Ciò che tira già le Borse è che, soprattutto in America, molte aziende che hanno investito nei nuovi settori energetici, come il fracking, stanno fallendo e fragilizzando le banche che le hanno finanziate.
Tutto ciò si aggiunge ai problemi delle banche cinesi. Per fronteggiare la crisi culminata nel 2008, il Governo di Pechino impose allora alle banche – di proprietà statale – di finanziare qualsiasi progetto edilizio o infrastrutturale. Ora, alcuni di questi progetti – come le metropolitane o certe
ferrovie ad alta velocità – sono utilissimi, e produrranno ricchezza per decenni. Ma altri – proposti
da imprenditori improvvisati per sfruttare questa ghiotta occasione – erano campati per aria, e fanno tramare le banche.
Non c’è solo l’esempio di Ordos, nella Mongolia cinese: una città veramente bella, costruita per un milione di abitanti, che è completamente vuota. Persino nel centro di Shanghai, su Nanjing Lu, qualche lussuosissimo centro commerciale è parzialmente abbandonato, e neanche la parte utilizzata sembra produrre alcun reddito. Ma tutta la Cina è piena di cattedrali nel deserto: enormi stadi in città in cui non esiste le squadra, oppure giganteschi cantieri senza operai, dove la ruggine sui ferri che sporgono dal cemento mostra che i lavori sono interrotti da lungo tempo.
Q – La prossima crisi potrebbe muovere dall’Oriente, dalla Cina?
Giuseppe Sacco – La Cina, anche se è un paese piuttosto ben governato, fa più paura per via delle sue dimensioni. Anche un piccolo errore può avere effetti giganteschi. Ma la minaccia viene da tutti i Paesi ex-emergenti, come il Brasile, verso cui le grandi banche internazionali hanno crediti molto pericolanti. Poi c’è il rischio Russia, nel cui export il petrolio ha una quota enorme, e che per questo motivo è già fallita in passato, quando il prezzo del greggio scese a 10 dollari.
– See more at: http://www.beyondgeopolitics.com/1671-2/#sthash.e6Rv4Rsk.dpuf
* il Prof. Giuseppe SACCO è stato tra gli importanti Relatori al Convegno sul tema "Un progetto per rispondere al declino industriale,alla crisi occupazionale,all'attacco al mondo 
del lavoro" che abbiamo organizzato come Coordinamento Milanese di Solidarietà "DALLA PARTE DEI LAVORATORI" a Milano il 23 febbraio 2006.
 ATTI CONVEGNO UN PROGETTO PER USCIRE pagg 44-49 relazione Prof. Giuseppe Sacco
clicca sull'immagine qui sopra per accedere alla Relazione del Prof. Sacco


Giuseppe SACCO - Note biografiche (da http://docenti.luiss.it/gsacco/)
Nato a Napoli il 1/08/’38. Laurea in Scienze Politiche presso l’Università di Napoli nel 1961.
Curriculum
Professore Ordinario di Politica Economica Internazionale, e Professore di Movimenti di Popolazione e Relazioni Internazionali presso la Facoltà di Scienze Politiche della Luiss Guido Carli.
E’ stato Professore di Relazioni e sistemi Economici Internazionali, e di Relazioni internazionali presso la stessa Università.
In precedenza, Professore presso il “Cesare Alfieri” di Firenze, presso l’Institut d’Etudes Politiques de Paris, e presso le Università di Princeton e di San Francisco, California.
E’ Editor dello The European Journal of International Affairs. Già Capo Divisione all’Oecd di Parigi, a partire dal 1971, ha lavorato come consulente in più di 50 Paesi, sia per organizzazioni internazionali (Onu, Cee, Oecd, Banca Africana di Sviluppo, Banca Asiatica di Sviluppo) che per moltissime compagnie italiane e straniere.
È stato Executive Vice-President della Saltec-Lavalin (Rome-Montreal), General Manager della Erasmus Press (Rome-Munich-Washington).
Pubblicazioni recenti
– Petrolio e Potere Mondiale, forthcoming.
– Critica del nuovo secolo, Luiss University Press, 2005.
– Que se vayan: America Latina contesa, Sankara, Roma, 2003

domenica 24 gennaio 2016

LOMBARDIA - BENZINA, TASSE DA 57% A 69% IN OTTO ANNI E SPESA CARBURANTI COME PER PANE E LATTE (da Lombardia.Coldiretti.it)

LOMBARDIA - BENZINA, TASSE DA 57% A 69% IN OTTO ANNI E SPESA CARBURANTI COME PER PANE E LATTE

Mentre il prezzo del petrolio tocca i 30 dollari al barile e punta ancora più in basso, le tasse sul pieno al distributore non hanno mai smesso di crescere. Infatti - secondo un’elaborazione dell’ufficio studi di Coldiretti Lombardia su dati del Ministero dello Sviluppo Economico - il peso di Iva e Accise sul prezzo finale della benzina sono passate dal 57% del 2008, anno di inizio della crisi, al 59% del 2013 fino al 69% dell’inizio 2016. Corsa ancora più forte per il diesel, che ha “recuperato” in fretta il terreno perso nei confronti della benzina – spiega Coldiretti Lombardia – nel 2008 le tasse pesavano per il 48%, nel 2013 erano già salite al 54,8% e quest’anno sono già al 67,5%.

E nonostante il prezzo del petrolio sia passato dai 108,46 dollari al barile del 2013 ai circa 30 di oggi, con un crollo di oltre il 70%, quello della benzina al distributore è sceso solo del 18,4% passando da 1,748 euro al litro a 1,426 e il diesel è sceso di circa il 25% passando 1,657 euro al litro a 1,247 euro al litro (dati medi nazionali). Con la spesa media una famiglia per il carburante– spiega un’analisi di Coldiretti Lombardia su dati Istat – che si attesta su circa 133 euro al mese, più o meno quanto si investe per pane, latte, formaggi e uova oppure per carne e pesce.

Ed è proprio sul fronte dei consumi che  fra il 2008 e il 2014 in Lombardia – spiega la Coldiretti regionale - c’è stato un taglio di oltre 400 mila tonnellate di benzina e per il gasolio di quasi 120 mila tonnellate. Anche se il primo semestre 2015 sembra registrare una controtendenza visto che, sia benzina che gasolio, avevano già superato il 50% delle quantità dell’anno prima, con una possibile crescita a consuntivo per l’anno appena concluso. Una tendenza che riguarda anche la spesa delle famiglie italiane in alimenti e bevande, che - secondo le elaborazioni Coldiretti sulla base delle previsioni Ismea-Nielsen - ha invertito la rotta nel 2015 ed è tornata ad aumentare dopo sette anni di riduzione consecutiva con una stima dello 0,3 per cento di crescita cumulata nei dodici mesi.

lunedì 30 giugno 2014

Corsa a petrolio e metano in Lombardia : a chi giova? quale impatto sui cittadini e il territorio ??? 25 i nuovi siti interessati

Corsa al petrolio e al gas metano con richieste di nuove trivellazioni esplorative in aumento che interessano in particolare 25 nuovi siti che vanno ad aggiungersi alle 17 concessioni per l’estrazione e alle 7 per lo stoccaggio già operative. 
I Paesi nel Bresciano interessati sono:
Azzano Mella, Bagnolo Mella, Berlingo, Brandico, Brescia, Capriano del Colle, Castegnato, Castel Mella, Albiolo, Castelcovati, Castrezzato, Cazzago San Martino, Chiari, Coccaglio, Comezzano-Cizzago, Corzano, Dello, Flero, Gussago, Lograto, Longhena, Maclodio, Mairano, Orzinuovi, Orzivecchi, Ospitaletto, Pompiano, Poncarale, Roccafranca, Roncadelle, Rovato, Torbole Casaglia, Travagliato, Trenzano. 
Proprio nel Bresciano Due anni orsono si è fatta avanti la società Exploenergy Srl  chiedendo autorizzazione ed esclusività per 6 anni per ricercare con esplorazioni nella zona di Lograto al fine di individuare e sfruttare idrocarburi liquidi e gassosi.E' da tenere presente che nell’area ci sono anche zone tutelate, zone di produzione di vini doc e siti archeologici e che in tale area esiste rischio idrogeologico medio-elevato. 
Un comitato di sindaci, guidato dall’ex sindaco Mezzana, è stato costituito contro tali progetti
Altre zone e paesi sono interessati.Nel Bergamasco : Torre Pallavicina; nel Cremonese : Soncino; nel Varesotto : la fascia fra Varese e il confine svizzero (41 comuni per 212 chilometri), l’altra la frazione di Borsano a Busto Arsizio e la terza i comuni di Gallarate, Casorate Sempione, Somma Lombardo, Cardano al Campo, Samarate, Ferno, Vizzola Ticino e Lonate Pozzolo. 
Per ognuna di queste zone è stata fatta richiesta di sondaggio incontrando opposizione dalle amministrazioni. 
Nella fascia fra Varese e il confine svizzero si prevede di sfruttare eventuali giacimenti a profondità di circa 4.000 metri.